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  Il Profeta Muhammad e la Rivelazione

 

‘Abd al-Ghafur Masotti

CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana

 

 

L’Islam è una Rivelazione, cioè una Religione rivelata da Dio, che si inserisce nel quadro delle tradizioni abramiche, di cui si presenta come il terzo ed ultimo segmento, dopo quello ebraico e quello cristiano, di un monoteismo che, appunto con “veli” diversi, si manifesta come espressione dello stesso e unico Dio. Non si tratta dunque, in realtà, di tre monoteismi abramici, ma piuttosto dell’unico monoteismo abramico.

Nella Bibbia, precisamente nel Deuteronomio, troviamo un riferimento esplicito alla successione delle tre rivelazioni ebraica, cristiana e islamica:

Il Signore è venuto dal Sinai,
è spuntato per loro dal Seir;
è apparso dal monte Paran
(Dt 33, 2)

Il Sinai è il luogo dove Mosè ricevette la Rivelazione della Legge espressa nelle Tavole, il Seir è il monte di Gerusalemme  dove si è compiuta la predicazione di Gesù, e Paran è il deserto dell’Arabia da cui proviene Muhammad (*), il Profeta a cui Dio ha rivelato il Sacro Corano. Abramo è dunque il Patriarca delle tre religioni e l’alleanza di Dio con la discendenza di Abramo riguarda sia Isacco, capostipite degli ebrei, e di conseguenza anche dei cristiani, sia Ismaele, da cui discendono gli Arabi.

Come è noto, Abramo ebbe due figli, il primogenito Ismaele, dalla schiava egiziana Agar(*), ed il secondo, Isacco, dalla moglie Sara. Per gli imperscrutabili quanto provvidenziali disegni divini, una volta svezzato Isacco, Sara volle che Ismaele e sua madre Agar fossero allontanati dalla loro comunità; ma Iddio rassicurò il padre Abramo con queste parole che leggiamo nel Genesi:

Anche riguardo a Ismaele io ti ho esaudito: ecco, io lo benedico e lo renderò fecondo e molto, molto numeroso. Dodici principi egli genererà e di lui farò una grande nazione (Gen 17, 20)

Abramo divenne così sorgente di due grandi correnti spirituali, che sarebbero dovute scorrere non insieme, ma ognuna nella sua propria direzione. Egli affidò perciò Agar e suo figlio Ismaele alla benedizione di Dio e alla cura dei suoi Angeli, che li condussero in una valle desolata dell’Arabia, la valle di Baca, a cinquanta giornate di cammello a sud di Canaan. Ben presto, però, sopraggiunsero la fame e la sete ma, giunta allo stremo delle sue forze, Agar ricevette dal Cielo l’aiuto invocato. leggiamo l’intero passo dal Genesi cap.21:

8Il bambino [Isacco] crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto quando Isacco fu svezzato. 9Ma Sara vide che il figlio di Agar l'Egiziana, quello che essa aveva partorito ad Abramo, scherzava con il figlio Isacco. 10Disse allora ad Abramo: "Scaccia questa schiava e suo figlio, perché il figlio di questa schiava non deve essere erede con mio figlio Isacco". 11La cosa dispiacque molto ad Abramo per riguardo a suo figlio. 12Ma Dio disse ad Abramo: "Non ti dispiaccia questo, per il fanciullo e la tua schiava: ascolta la parola di Sara in quanto ti dice, ascolta la sua voce, perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. 13Ma io farò diventare una grande nazione anche il figlio della schiava, perché è tua prole". 14Abramo si alzò di buon mattino, prese il pane e un otre di acqua e li diede ad Agar, caricandoli sulle sue spalle; le consegnò il fanciullo e la mandò via. Essa se ne andò e si smarrì per il deserto di Bersabea. 15Tutta l'acqua dell'otre era venuta a mancare. Allora essa depose il fanciullo sotto un cespuglio 16e andò a sedersi di fronte, alla distanza di un tiro d'arco, perché diceva: "Non voglio veder morire il fanciullo!". Quando gli si fu seduta di fronte, egli alzò la voce e pianse. 17Ma Dio udì la voce del fanciullo e un angelo di Dio chiamò Agar dal cielo e le disse: "Che hai, Agar? Non temere, perché Dio ha udito la voce del fanciullo là dove si trova. 18Alzati, prendi il fanciullo e tienilo per mano, perché io ne farò una grande nazione". 19Dio le aprì gli occhi ed essa vide un pozzo d'acqua. Allora andò a riempire l'otre e fece bere il fanciullo. 20E Dio fu con il fanciullo, che crebbe e abitò nel deserto e divenne un tiratore d'arco. 21Egli abitò nel deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie del paese d'Egitto.

L’acqua era una sorgente che Dio aveva fatto scaturire dalla sabbia sotto i piedi di Ismaele. Da allora la valle divenne luogo di sosta per le carovane, giacchè l’acqua era buona e abbondante, e il pozzo prese il nome di Zamzam, tutt’ora importante tappa per il pellegrino che compie il sacro pellegrinaggio alla Mecca.

I rapporti tra le due comunità, però, non cessarono con l’allontanamento di Agar da Canaan: Ismaele, infatti, partecipava alla sepoltura del padre Abramo insieme ad Isacco, come riportato in Genesi, 25,9. Il figlio di Isacco, Esaù, si recava da Ismaele e prendeva in moglie sua figlia (Gen. 28,9), per poi trasferirsi nel deserto arabico. Quando Mosè fuggiva dalla terra d’Egitto, trovava rifugio presso la città araba di Madyan, ed è qui che conobbe la missione cui era destinato, dopo l’episodio del roveto ardente.

Gli Arabi, quindi, considerandosi sul piano storico, ma soprattutto religioso, discendenti di Ismaele, si collocano su un piano di perfetta continuità abramica e, in seguito, quando nella penisola arabica verranno ad insediarsi anche gruppi di ebrei e di cristiani, alcuni arabi rimarranno legati al culto monoteistico primordiale dei Patriarchi. Essi erano presenti ancora al tempo di Muhammad, ed erano chiamati hunafa (pl. di hanif), letteralmente “i puri”, coloro che sono naturalmente inclini verso il culto divino, per distinguerli dagli altri Arabi che per dimenticanza dell’antica tradizione erano caduti nell’idolatria. Erano coloro che seguivano il monito di Dio riportato nel Sacro Corano:

Segui con sincerità la religione di Abramo: egli non era affatto un associatore”. (Cor.16,123)

 La jahiliyya, “ignoranza”, come sarebbe stata chiamata in seguito l’epoca pre-islamica, non era quindi semplice mancanza di religione, ma uno stato di ignoranza dovuto alla progressiva dimenticanza dei principi e delle pratiche del monoteismo abramico, del quale tuttavia rimanevano alcuni significativi rappresentanti, fra i quali, naturalmente, Muhammad stesso.

Un documento del VII secolo, la Cronaca di Sebeos, scritta da un vescovo armeno, presumibilmente la più antica fonte storica in cui viene menzionato Muhammad, dice di Lui solamente che si prodigava per ricondurre i suoi compagni alla Religione di Abramo e rivendicava le promesse fatte da Dio alla discendenza di Ismaele.

L’Islam rappresenta quindi chiaramente il compimento del monoteismo biblico; ma nello stesso tempo è anche qual­cosa di più: è la riattualizzazione di quella “natura primordiale”, ad-Din-al-Fitrah, data agli uomini all'origine dei tempi, secondo la quale fu creato l’uomo. Questa non può, in fondo, che manifestarsi in quella Religione pura, la Haniffiyyah, il puro culto monoteista, che, come abbiamo visto, il Corano riferisce espressamente ad Abramo.

La relazione stretta che lega la Haniffiyyah alla condizione primordiale degli uomini è peraltro chiaramente sottolineata da un altro versetto del Corano:

Rivolgi il tuo volto alla religione come puro monoteista, natura originaria che Allah ha connaturato agli uomini; non c'è cambiamento nella creazione di Allah. Ecco la vera religione, ma la maggior parte degli uomini non sa.    (Cor.30,30)

Come il Profeta stesso ebbe a dire, egli era stato mandato con la Haniffiyyah per ripristinare “bianca e pura” la Religione di Abramo: ri­pristinare quella norma di vita ad un tempo attiva e contemplativa, tem­porale e spirituale, che appartiene all'uomo per sua natura originale. Tutta la vita del Profeta è un esempio perfetto di questo equilibrio tra le esigenze dell'azione e quelle della contemplazione, che egli non amava ve­nissero disgiunte, ed è in questa luce che acquistano il loro giusto valore anche certi fatti che, altrimenti, nel concetto religioso della mentalità occiden­tale rischierebbero di risultare spesso incomprensibili. In verità nell'Inviato di Dio vi è per voi un eccellente modello, è detto nel Corano (33,21), perchè egli stesso era in qualche modo un'immagine esemplare del Messaggio divino. Interrogata sulla natura del Profeta, sua moglie ‘Aishah rispose: “La sua natura è come il Corano”, e come la Rivelazione doveva necessariamente es­sere normativa per ciascun aspetto della vita e comprendere tutte le pos­sibilità di perfezione implicite nella natura umana, così lo stesso Profeta nella sua completa conformità ai contenuti della Rivelazione, che paralle­lamente scendeva a confermare in modo eterno i tratti salienti della sua esistenza terrena, diventava con le sue parole (hâdîth), i suoi atti e le circostanze stesse della sua vita il commento vivente del Corano, costituendo la norma (sunnah) a cui il fedele deve attenersi.

 

 

Relazione tenuta nella parrocchia di Zelarino

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