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           «Attenti
          ai cattolici neri, abbagliati da Satana»
 Lo
          storico Rémond: «Li credevamo scomparsi, invece sono tornati. Una
          minoranza pronta a fare proseliti»
 
 
 Ulderico
          Munzi 
             
            PARIGI - Il ritorno del cattolicesimo nero. E, con il suo «Christus
              vincit» intonato nelle chiese integraliste, la riapparizione di
              tutti i suoi spettri. Sferragliano le catene di Charles Maurras,
              monarchico e antidemocratico, fondatore dell’Action française,
              e del suo complice Léon Daudet. «I cattolici praticanti, che
              hanno votato il signor Le Pen, io li vedo come fossero sotto il
              sole di Satana», dice pacatamente René Rémond, accademico di
              Francia, grande storico cattolico europeo. Il richiamo all’opera
              maggiore di Georges Bernanos è d’obbligo. In queste ore Satana
              incombe sulla Francia. C’è bisogno di un esercito di esorcisti.
              Ma da questo scenario René Rémond, paladino della riscossa
              cristiana, non sembra turbato, anche se il cristianesimo oggi
              soffre di un discredito che non colpisce altre religioni. Il suo
              ultimo libro, «Le Christianisme en accusation» ha fatto
              sussultare il cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione
              per la dottrina della fede.Gli annunciamo che il 12 per cento dei cattolici ha votato Le Pen.
              Il volto magro e spigoloso di Rémond conserva l’impassibilità
              dell’uomo sicuro del fatto suo, di chi è rafforzato da quella
              certezza che esprimono le cattedrali medioevali, come se si
              sentisse ancora spalleggiato dai suoi maestri, Charles Péguy e
              Jacques Maritain. Il suo capolavoro, del resto, è «La droite en
              France de 1815 à nos jours». Da allora domina la storia
              religiosa. Rémond sa che cosa rappresenta il fenomeno del
              cattolico integralista che si accoppia con vecchi miti
              fascistizzanti, togliendoci, sospira, persino il piacere di
              ascoltare di tanto in tanto una messa in latino.
 Dice: «C’è una tentazione lepenista per i credenti, è inutile
              negarlo. Fino a qualche tempo fa l’elettorato cattolico appariva
              relativamente risparmiato dal richiamo dell’estrema destra. Un
              po’ perché era stato messo in guardia dai vescovi e un po’
              perché, da circa quarant’anni, l’educazione cristiana punta
              su valori di apertura e solidarietà. Credevamo di essere
              immunizzati contro il linguaggio di Le Pen. Perché nascondersi
              dietro un dito? C’è un "cattolicesimo nero", se non
              nerissimo, in Francia, ispirato da monsignor Marcel Lefebvre, il
              prelato che si ribellò ai dettami del Concilio Vaticano Secondo.
              Incarnava, come Le Pen, il rigetto della società moderna e della
              democrazia. E’ una minoranza pericolosa, insidiosa, pronta a
              fare proseliti, costi quel che costi. Le autorità cattoliche, fin
              dal 1985, hanno ammonito che era incompatibile per un cattolico
              votare per il Fronte Nazionale. Eppure, ecco un 12 per cento nel
              baratro. E questo dato, il 12 per cento, è poi così sicuro?».
              Lo storico deve temere che siano di più.
 I vescovi stavolta non hanno aperto bocca, non hanno detto che
              Le Pen era in contrasto con la fede.
 «Non è esatto. Il Fronte Nazionale (questo è vero) non è
              stato chiaramente designato. Si è fatto capire che la politica
              non deve essere guidata dall’emotività e dall’istinto. Il
              cardinale Lustiger ha rimproverato a Le Pen di prendere in
              prestito e falsare le parole di Giovanni Paolo II. Ma c’è
              sempre il problema: si ha il diritto di mettere al bando un
              partito?».
 Non è stato sufficiente, signor Rémond, per arginare i
              cattolici disobbedienti.
 «Ci sono delle ragioni di fondo, perse nella storia, ragioni
              più etiche che politiche. Il programma di Jean-Marie Le Pen è
              contro la vita della Chiesa francese che mette al bando ogni forma
              di discriminazione. Le porte della nostra Chiesa sono aperte. Quel
              12 per cento lepenista rappresenta la continuità della tradizione
              nata con la Rivoluzione francese. Una tradizione che si definisce
              con il rigetto dei principi del 1789. E’ il rifiuto della
              modernità che si è esteso nel cattolicesimo intransigente del
              XIX secolo. E’ il discorso di Papa Gregorio XVI e di Pio IX che
              condannavano la libertà. I "cattolici neri" si sentono
              con la coscienza a posto, debbono dirsi nel loro intimo di essere
              fedeli alla tradizione, mentre gli altri cattolici hanno tradito.
              C’è addirittura il clima del caso Dreyfus, facile capro
              espiatorio dell’antisemitismo. La Francia ha fatto un passo
              indietro. Certo, ci sono altri mezzi ideologici per affrontare Le
              Pen. Ma quei giovani che affollano le strade di Francia incarnano
              la fresca e gioiosa coscienza contro l’oscurantismo».
 
 
                
          
          
 
 Tratto da "Il Corriere della sera" 1 maggio 2002
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