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| . . . . . . . . . . . . . | Mitt.
            Domenico Manaresi - via Gubellini, 6 - 40141 Bologna - tel&fax
            051-6233923 – e-mail: bon4084@iperbole.bologna.it Ecco la traduzione (e il testo
          integrale)dell'intervista a Berlusconi apparsa oggi (30 GENN 2002)sul
          Figaro (quando si vuole essere veloci...!). 
          Leggerete e non crederete ai vostri occhi. Speriamo che i Francesi non si facciano
          infinocchiare anche loro... José F. Padova Intervista
          pubblicata su “Le Figaro”, Parigi, il 30 gennaio 2002 a pagina XII. Berlusconi:
          i media, i giudici, la sinistra ed io Il
          capo del governo italiano è oggetto di vivaci critiche sui mezzi di
          comunicazione francesi e stranieri dove lo si accusa, alla rinfusa, di
          controllare la magistratura, il cinema e le televisioni pubbliche…
          Forte del sostegno dei suoi compatrioti, Berlusconi replica e
          contrattacca su tutti i fronti.   Dichiarazioni
          raccolte da Emmanuel Schwartzenberg (traduzione dal francese di José
          F. Padova)   LE FIGARO ÉCONOMIE - Come
          valuta l’immagine che si trasmette di Lei all’estero? Silvio Berlusconi Quando
          leggo certe cose che sono esattamente il contrario di quello che io
          penso, di quello che ho detto, non mi raccapezzo più. Non ce la
          faccio a capire come quel signor Berlusconi, descritto dalla stampa,
          su certi giornali francesi, ha qualcosa a che vedere con il vero
          Berlusconi. Tuttavia Lei ha una reputazione di
          euroscettico. Se c’è qualcuno che ha sempre guardato
          all’Europa come a un ideale, ad un’ambizione, a una necessità, ad
          una volontà, sono proprio io. Sono il presidente del Consiglio di un
          paese fondatore dell’Europa, di un paese che è il più europeo dei
          paesi d’Europa, nel quale l’82% degli italiani hanno votato per il
          Parlamento Europa alle ultime elezioni. Sono il capo di un partito,
          Forza Italia, che appartiene in Europa alla grande famiglia della
          libertà e della democrazia e che ha la maggioranza relativa al
          parlamento europeo: Il Partito Popolare Europeo. D’altronde, in
          occasione del suo ultimo congresso, a Berlino l’anno scorso, il PPE
          ha redatto un manifesto per l’Europa al quale ho lavorato anch’io;
          di questo manifesto ho fatto il manifesto di Forza Italia e del mio
          governo. Lei pensa che paesi come il Regno Unito possano domani sostituirsi (ndt.:
          a Lei?) come motore d’Europa? Non posso pensare che ciò sia possibile,
          perché l’Italia non può fare a meno dell’Europa, e l’Europa
          non può fare a meno dell’Italia. Ma qui si parla della medesima Europa? Non è questione di un’Europa così o cosà.
          Ma occorre sapere di “quale Europa” si parla. Considero un dovere
          aprire l’Europa ai paesi che due totalitarismi, il nazismo e il
          comunismo, hanno tenuto lontani durante un mezzo secolo. Guardando più
          lontano, sono sicuro che un giorno l’Europa si aprirà anche alla
          Federazione russa. L’euro, come moneta, è la rappresentazione
          di un’economia. E se non si vuole che l’euro si svaluti in
          rapporto al dollaro, bisogna sviluppare e rendere più competitiva
          l’economia europea. Penso che l’Europa deve abbandonare certe
          cattive politiche che sono quelle degli Stati socialisti, che hanno in
          comune una forte tradizione statalistica nell’economia, vale a dire
          spese pubbliche elevate e tassazioni sempre più ingenti. Occorre
          cambiare questo se si vuole rilanciare l’economia. L’Europa che
          guardo è un’Europa del libero mercato, un’Europa della
          competizione. È anche l’Europa di un grande principio, quella della
          sussidiarietà. Bisogna darle i poteri ch’essa eserciterà meglio di
          ogni Stato. Le si è già dato quello di battere moneta, che è un
          potere regale. Bisogna fermarsi qui? Dovremo garantire che l’Unione europea sia
          capace di agire all’unisono, con il peso politico che le spetta sui
          diversi scacchieri internazionali, e che possa contribuire a
          garantire, in un quadro di collaborazione e d’intesa con i nostri
          alleati, in particolare gli americani, la stabilità e la pace nelle
          zone di crisi. Come si realizzerà il passaggio delle
          competenze? Nessuno oggi può dire come si farà
          quell’armonizzazione, quel passaggio di poteri. Il processo
          d’integrazione è un processo dinamico, al quale dovranno
          partecipare tutte le istituzioni europee e nazionali, il Parlamento
          europeo, i governi, la Commissione, i Parlamenti nazionali e i
          cittadini europei, gli uomini e le donne di cultura, le imprese... Spero di poter far firmare un secondo
          Trattato di Roma. Il primo, nel 1957, ha segnato la nascita
          dell’Europa; e spero di poter far nascere alla fine del 2003 la
          nuova Europa. Trovate che sia un programma da euroscettico? Catherine Tasca, il nostro ministro della
          Cultura, ha dichiarato di non volerLa incontrare al Salone del libro.
          Si deve interpretare ciò come il segno di un dissidio diplomatico tra
          Francia e Italia? Non attribuisco alcuna importanza a questo
          avvenimento. Ho sorriso, come faccio abitualmente quando mi trovo
          davanti a quella che considero una battuta. È tutto. Ho eccellenti
          rapporti col vostro Presidente della Repubblica, con il quale ho
          lavorato molto bene in occasione del G8, a Genova, e durante molti
          consigli europei. Ci siamo incontrati a Périgueux, anche con il
          signor Jospin, che ha detto cose molto gentili sull’Italia e sulla
          sua amicizia per gli italiani. “Si dice che ho messo in certe
          istituzioni culturali persone a me vicine. Un nome, prego, un nome!” Questa posizione dunque è isolata? Qualcuno mal informato si è sbagliato.
          Piuttosto, è dalla sinistra italiana che provengono queste
          informazioni. Conosco gente che dà informazioni esattamente contrarie
          su quello che accade in Italia. Si dice che ho messo in certe
          istituzioni culturali persone a me vicine. Un nome, prego, un nome! Vuole parlare del cinema, che è stato appena
          riorganizzato… Il ministro delle Cultura, e non io, ha
          nominato, nel rispetto delle sue competenze, Franco Bernabé alla
          Biennale di Venezia. Non è un mio amico e certamente non un uomo del
          centro destra. In Italia, 85% della stampa è di sinistra,
          la televisione pubblica è anch’essa nelle mani di una sinistra
          molto partigiana, che l’ha utilizzata in modo incredibile contro di
          noi e contro di me in particolare durante la campagna elettorale. A un
          certo momento, la televisione pubblica ha cominciato a fare
          trasmissioni contro di me accusandomi di ogni male. In due mesi sono
          precipitato, nell’opinione pubblica, dal 64% al 47%. Questo non mi
          ha impedito di vincere le elezioni, dove ho ottenuto il 49,8% dei
          voti. Immediatamente dopo, la fiducia degli italiani è risalita al
          suo livello iniziale; e adesso il mio tasso di fiducia è del 68%,
          ovvero due italiani su tre. Mai nella storia della Repubblica un
          ministro aveva raggiunto questo punteggio. Per quanto concerne la mia
          coalizione siamo al 55,5%, mentre la sinistra, l’Ulivo, resta al
          28%. Quando Lei è stato eletto, si era annunciato
          che Lei avrebbe creato una fondazione o ceduto le Sue società ai
          figli per risolvere eventuali conflitti d’interesse fra le Sue
          imprese mediatiche e le Sue responsabilità di Capo di Stato. Perché
          non l’ha fatto? Innanzitutto occorre chiedere alla sinistra
          perché, stando al potere durante cinque anni, non ha presentato leggi
          sul conflitto d’interessi, come noi avevamo chiesto. Avevamo
          presentato un primo testo nel 1994, approvato all’unanimità dalla
          Camera dei deputati, che ha dormito nei cassetti per cinque anni. Lo
          scopo era infatti di utilizzare questo argomento contro di me in
          campagna elettorale. Ho fatto la promessa di presentare un progetto di
          legge nei cento giorni successivi alla mia elezione. Ho mantenuto la
          promessa e il testo è stato approvato dal Consiglio dei ministri e
          presentato in parlamento. È in discussione davanti alla Commissione
          della Camera dei Deputati. Rispetterò la legge che uscirà dal
          Parlamento. Vale a dire che, se la legge comporta che Lei
          confidi i Suoi interessi a una fondazione, lo farà? Il progetto mira a mettere in funzione
          un’autorità che controlli gli atti del capo del governo e dei suoi
          ministri per denunciare tutto ciò che può essere contrario
          all’interesse pubblico. Dopo aver lasciato le mie aziende ho potuto
          contare su figli capaci di continuare da soli quello che io ho
          fondato. Quando sono stati in gioco interessi, ho sempre deciso contro
          gli interessi del mio gruppo. Perché Lei ha deciso di privatizzare la RAI? Questo progetto è nel mio programma; prevede
          che una rete debba rimanere pubblica e che le due altre siano
          privatizzate. Il controllo dei media non è il solo
          addebito che Le viene fatto, quello della magistratura ne è un altro.
           In Francia non si comprende quello che è
          accaduto in Italia a partire dal 1992. Dei giudici che il Partito
          comunista ha infiltrato nella magistratura hanno cancellato dalla vita
          pubblica i partiti che avevo governato l’Italia durante un mezzo
          secolo. Partiti democratici come la Democrazia cristiana, il Partito
          socialista, il Partito social-democratico, il Partito liberale e il
          Partito repubblicano non hanno avuto la possibilità di presentarsi
          alle elezioni del 1994. Tutti i protagonisti sono poi scomparsi dalla
          vita pubblica. Una certa magistratura quindi non ha preso di mira
          altri che questi cinque partiti, risparmiando il Partito comunista e i
          partiti di sinistra, ai quelli ha aperto la via verso il potere. Ed è
          per questo che io, che mi sarei potuto accontentare di restare capo
          d’impresa e che avevo talmente tante cose da fare per sviluppare il
          mio gruppo, ho preso le mie responsabilità per non abbandonare il mio
          paese a un destino antidemocratico, soffocante e illiberale, ho
          formato un nuovo partito politico. Dopo la mia prima vittoria alle elezioni, la
          magistratura ha cominciato ad attaccarmi. C’era di che spaventare i
          miei alleati e ritrovarmi per sette anni solo leader
          dell’opposizione. Adesso abbiamo preso la responsabilità di
          cambiare l’Italia, perché abbiamo cinque anni davanti a noi e una
          larga e solida maggioranza. Ma quella parte della magistratura, che si
          chiama la “sinistra giudiziaria e giustizialista” italiana, è
          ritornata all’attacco e tenta ancora una volta di cancellarmi, di
          eliminarmi dalla vita politica. Non ci è riuscita. Su fatti che erano
          quelli del 1994 sono stato prosciolto in appello per “non aver
          commesso il fatto”. E quando tutto questo ha ricoperto pagine e
          pagine di giornali in tutto il mondo nel 1994, dopo questo
          proscioglimento non vi sono stati altro che piccoli articoli isolati. È necessario inquadrare, forse limitare il
          potere dei mezzi di comunicazione o quello dei magistrati? Non abbiamo intenzione di limitarli. Fra le
          riforme che ci siamo impegnati a fare davanti ai nostri elettori
          italiani vi sono quella dell’amministrazione pubblica, delle
          istituzioni, della suola, della sicurezza, del codice fiscale e del
          sistema giudiziario. Ma quest’ultima non si farà contro la
          magistratura. Che consiglio darebbe Lei a Jacques Chirac? Nessuno. Jacques Chirac è un uomo politico
          capace, saggio, con molta esperienza. Non ha bisogno dei miei
          consigli. Per di più, tutte le situazioni sono differenti; ogni paese
          si trova di fronte a problemi e ad avversari differenti. La politica
          è diventata sempre più cattiva. Che vuole dire? La televisione pubblica è interamente in
          mano alla sinistra. Nella televisione privata, due reti su tre
          pencolano a sinistra. Certamente la televisione privata non è
          partigiana, non pratica la diffamazione, ma non ha mai attaccato la
          sinistra! E per di più vi è una legge che inquadra la pubblicità
          televisiva e nessuno ne parla. Il signor Jacques Attali ha affermato: “Oggi,
          il signor Berlusconi, dopo aver vinto le lezioni mediante le sue
          televisioni... -il che è esattamente il contrario vuole
          impadronirsi della televisione pubblica”. Ma nelle trasmissioni
          politiche sulle reti pubbliche il mio partito, che era sostenuto dal
          35% degli elettori, non dispone che di un tempo di trasmissione del
          4%. Al medesimo titolo degli altri venticinque partiti politici.
          Questa disposizione è stata presa contro di noi, e più esattamente
          contro di me. Perché, quando un responsabile
          nell’audiovisivo, e nei mezzi di comunicazione in generale, cambia
          posto, La si accusa di esserne all’origine? Se vi sono cambiamenti alla RAI è perché il
          consiglio d’amministrazione della televisione pubblica termina il
          suo mandato come la legge prevede il 17 febbraio prossimo. Avevamo la
          possibilità di modificare il consiglio d’amministrazione della
          televisione pubblica quando abbiamo ottenuto la maggioranza. Bastava
          fare una piccola legge, come era tradizione in Italia. La tradizione
          italiana voleva anche che gli amministratori della televisione
          pubblica diano le dimissioni quando un governo cambia. Essi sono
          rimasti attaccati alla loro poltrona e noi non abbiamo fatto nulla per
          sostituirli. Perché essere stato tanto magnanimo visto
          che, in ogni caso, La si accusa…? Forse Lei ha ragione. D’altra parte i miei
          alleati si sono posti la domanda. Ma io ho riflettuto e sono talmente
          sicuro della mia coalizione e di realizzare in cinque anni quello che
          ho promesso agli Italiani che essi capiranno la mia politica. Il
          consenso attuale mi dà ragione. Nessuno potrà dire in Italia che
          abbiamo esercitato pressioni o spostato persone che non dovevano
          esserlo.   Berlusconi : les médias, les juges, la
          gauche et moi Le chef du gouvernement italien fait l'objet
          de vives critiques dans les médias français ou étrangers où on
          l'accuse, pêle-mêle, de contrôler la magistrature, le cinéma et
          les télévisions publiques... Fort du soutien de ses compatriotes,
          Berluconi réplique et contre-attaque sur tous les fronts. Entretien. Publié le 30 janvier 2002, page XII Propos recueillis par Emmanuel Schwartzenberg LE FIGARO ÉCONOMIE. - Comment analysez-vous
          l'image que l'on donne de vous à l'étranger? Silvio BERLUSCONI. - Quand
          je lis certaines choses qui sont exactement le contraire de ce que je
          pense, de ce que j'ai dit, je ne m'y retrouve pas. Je n'arrive pas à
          comprendre comment ce monsieur Berlusconi-là, que l'on décrit dans
          la presse, dans certains journaux français, a quelque chose à voir
          avec le vrai Berlusconi.  Vous avez néanmoins une réputation d'eurosceptique. S'il y a quelqu'un qui a regardé toujours l'Europe
          comme un idéal, une ambition, une nécessité, une volonté, c'est
          bien moi. Je suis le président du Conseil d'un pays fondateur de l'Europe,
          d'un pays qui est le plus européen des pays d'Europe, dans lequel 82%
          des Italiens ont voté pour le Parlement européen lors des élections
          passées. Je suis le chef d'un parti, Forza Italia, qui appartient en
          Europe à la grande famille de la liberté et de la démocratie, et
          qui a la majorité relative au Parlement européen: le Parti populaire
          européen. D'ailleurs, lors de son dernier congrès, à Berlin, l'an
          passé, le PPE a rédigé un manifeste pour l'Europe auquel j'ai
          travaillé: ce manifeste, j'en ai d'ailleurs fait le manifeste de
          Forza Italia et de mon gouvernement.  Pensez-vous que des pays européens comme le
          Royaume-Uni puissent demain se substituer comme moteurs de l'Europe? Je ne peux pas penser que cela soit possible,
          parce que l'Italie ne peut pas se passer de l'Europe, et l'Europe ne
          peut pas se passer de l'Italie.  Mais parle-t-on de la même Europe? Ce n'est pas la question d'une Europe comme
          ceci ou comme cela. Mais il faut savoir de “quelle Europe” on
          parle. Je considère comme un devoir d'ouvrir l'Europe aux pays que
          deux totalitarismes, le nazisme et le communisme, ont tenus éloignés
          pendant un demi-siècle. En regardant plus loin, je suis sûr qu'un
          jour l'Europe s'ouvrira aussi à la Fédération russe. L'euro, comme monnaie, est la représentation
          d'une économie. Et, si on ne veut pas que l'euro se dévalue par
          rapport au dollar, il faut développer et rendre plus compétitive l'économie
          européenne. Je pense que l'Europe doit abandonner certaines mauvaises
          politiques qui sont celles des Etats socialistes, qui ont en commun
          une forte tradition étatique dans l'économie, c'est-à-dire de dépenses
          publiques élevées et de taxations toujours plus importantes. Il faut
          donc changer cela si on veut relancer l'économie. L'Europe que je
          regarde est une Europe du libre marché, une Europe de la compétition.
          C'est aussi l'Europe d'un grand principe, celui de la subsidiarité.
          Il faut lui donner les pouvoirs qu'elle exercera mieux que chaque Etat.
          On lui a déjà donné celui de battre monnaie, ce qui est un pouvoir
          régalien.  Faut-il s'arrêter là? Nous devrons garantir que l'Union européenne
          soit capable d'agir d'une seule voix, avec le poids politique qui lui
          revient sur les différents échiquiers internationaux, et qu'elle
          puisse contribuer à garantir, dans un cadre de collaboration et d'entente
          avec nos alliés, en particulier américains, la stabilité et la paix
          dans les zones de crise.  Comment s'opérera le transfert des compétences? Personne ne peut dire aujourd'hui comment se
          fera cette harmonisation, ce passage de pouvoirs. Le processus d'intégration
          est un processus dynamique, auquel devront participer toutes les
          institutions européennes et nationales, le Parlement européen, les
          gouvernements, la Commission, les Parlements nationaux et les citoyens
          d'Europe, les hommes et les femmes de culture, les entreprises... J'espère pouvoir faire signer un deuxième
          traité de Rome. Le premier, en 1957, a marqué la naissance de l'Europe;
          et j'espère pouvoir faire naître à la fin de 2003 la nouvelle
          Europe. Trouvez-vous que ce soit un programme d'eurosceptique?  Catherine Tasca, notre ministre de la
          Culture, a déclaré qu'elle ne voulait pas vous rencontrer au Salon
          du livre. Est-ce qu'il faut interpréter ça comme le signe d'une
          brouille diplomatique entre la France et l'Italie ou pas? Je n'accorde aucune importance à cet événement.
          J'ai souri, comme je le fais habituellement quand je me trouve devant
          ce que je considère comme une boutade. C'est tout. J'ai d'excellentes
          relations avec votre président de la République, avec lequel j'ai très
          bien travaillé lors du G8, à Gênes, et lors de nombreux conseils
          européens. On s'est rencontré à Périgueux, avec M. Jospin également,
          qui a dit des choses très aimables sur l'Italie et sur son amitié
          pour les Italiens. “On dit que j'ai placé dans certaines
          institutions culturelles des gens proches de moi. Un nom, s'il vous
          plaît, un nom!”  Cette position est donc isolée? Quelques personnes désinformées se sont
          trompées. C'est plutôt de la gauche italienne que viennent ces
          informations. Je connais des gens qui donnent des informations
          exactement contraires à ce qui se passe en Italie. On dit que j'ai
          placé dans certaines institutions culturelles des gens proches de moi.
          Un nom, s'il vous plaît, un nom!  Vous voulez parler du cinéma, qui vient d'être
          réorganisé... Le ministre de la Culture, et non moi, a nommé,
          dans le respect de ses compétences, Franco Barnabe à la Biennale de
          Venise. Ce n'est pas un ami à moi, et certainement pas un homme du
          centre droit. En Italie, 85% de la presse est de gauche, la
          télévision publique est aussi dans les mains d'une gauche très
          partisane, qui l'a utilisée d'une manière incroyable contre nous -
          et contre moi en particulier pendant la campagne électorale. A un
          moment donné, la télévision publique a commencé à faire des émissions
          contre moi en m'accusant de tous les maux. En deux mois, je suis tombé,
          dans l'opinion publique, de 64% à 47%. Cela ne m'a pas empêché de
          gagner les élections, où j'ai obtenu 49,8% des voix. Immédiatement
          après, la confiance des Italiens est remontée à son niveau initial;
          et maintenant ma cote de confiance est à 68%, soit deux Italiens sur
          trois. Jamais dans l'histoire de la République, un ministre n'avait
          atteint ce score. En ce qui concerne ma coalition, nous sommes à
          55,5%, alors que la gauche, l'Ulivo, reste à 28%.  Quand vous avez été élu, on avait annoncé
          que vous alliez créer une fondation ou céder vos sociétés à vos
          enfants pour régler d'éventuels conflits d'intérêts entre vos
          entreprises de médias et vos responsabilités de chef d'Etat.
          Pourquoi ne l'avez-vous pas fait? Avant tout, il faut demander à la gauche
          pourquoi, étant au pouvoir pendant cinq ans, elle n'a pas présenté
          de loi sur le conflit d'intérêts, comme nous l'avions demandé. On
          avait présenté un premier texte en 1994, approuvé à l'unanimité
          par la Chambre des députés, et qui a dormi dans un tiroir pendant
          cinq ans. Le but était, en fait, d'utiliser cet argument contre moi
          dans la campagne électorale. J'ai fait la promesse de présenter un
          projet de loi dans les cent premiers jours suivant mon élection. J'ai
          tenu ma promesse, et le texte a été approuvé par le Conseil des
          ministres et présenté au Parlement. Il est en discussion devant la
          commission de la Chambre des députés. Je respecterai la loi qui
          sortira du Parlement.  Est-ce à dire que, si la loi implique que
          vous confiez vos intérêts à une fondation, vous le ferez? Le projet vise à mettre en place une autorité
          qui contrôle tous les actes du chef du gouvernement et de ses
          ministres afin de dénoncer tout ce qui peut être contraire à l'intérêt
          public. Depuis mon départ de mes entreprises, j'ai pu compter sur des
          enfants capables de continuer seuls ce que j'ai fondé. Quand il y a
          eu des intérêts en jeu, j'ai toujours décidé contre l'intérêt de
          mon groupe.  Pourquoi avez-vous décidé de privatiser la
          RAI? Ce projet est dans notre programme; il prévoit
          qu'une chaîne doit rester publique et que deux autres soient privatisées.
           Le contrôle des médias n'est pas le seul
          grief qu'on vous fasse, celui de la magistrature en est un autre. En France, on ne comprend pas ce qui s'est
          passé en Italie à partir de 1992. Des juges que le Parti communiste
          a infiltrés dans la magistrature ont effacé de la vie politique les
          partis qui avaient gouverné l'Italie pendant un demi-siècle. Des
          partis démocratiques comme la Démocratie chrétienne, le Parti
          socialiste, le Parti social-démocrate, le Parti libéral et le Parti
          républicain n'ont pas eu la possibilité de se présenter aux élections
          de 1994. Tous les protagonistes ont depuis disparu de la vie politique.
          Une certaine magistrature n'a donc visé que ces cinq partis, en épargnant
          le Parti communiste et les partis de gauche, auxquels elle a ouvert la
          voie du pouvoir. Et c'est pour cela que moi qui aurais pu me contenter
          de rester chef d'entreprise, et qui avais tellement de choses à faire
          pour développer mon groupe, j'ai pris mes responsabilités pour ne
          pas abandonner mon pays à un destin antidémocratique, étouffant et
          non libéral, et que j'ai formé un nouveau parti politique. Après ma première victoire aux élections,
          la magistrature a commencé à m'attaquer. De quoi effrayer mes alliés
          et me retrouver pendant sept ans le seul leader de l'opposition.
          Maintenant, nous avons pris la responsabilité de changer l'Italie car
          nous avons cinq années devant nous et une large et solide majorité.
          Mais cette partie de la magistrature, qu'on appelle la “gauche
          judiciaire et justicialiste” italienne, est revenue à l'attaque et
          essaie encore une fois de m'effacer, de m'éliminer de la vie
          politique. Elle n'y a pas réussi. Sur les faits qui étaient ceux de
          1994, j'ai été acquitté en appel pour “ne pas avoir commis les
          faits”. Et, alors que tout ça a couvert des pages et des pages
          des journaux du monde entier en 1994, il n'y a eu après cet
          acquittement que quelques petits articles isolés.  Faut-il encadrer, voire limiter le pouvoir
          des médias ou celui des magistrats? Nous n'avons pas l'intention de les limiter.
          Parmi les réformes que nous nous sommes engagés à faire devant les
          électeurs italiens, il y a celles de l'administration publique, des
          institutions, de l'école, de la sécurité, du Code fiscal et du système
          judiciaire. Mais cette dernière ne se fera pas contre la
          magistrature.  Quel conseil donneriez-vous à Jacques Chirac? Aucun. Jacques Chirac est un homme politique
          capable, sage, avec beaucoup d'expérience. Il n'a pas besoin de mes
          conseils. De plus, toutes les situations sont différentes; chaque
          pays rencontre des problèmes et des adversaires différents. La
          politique est devenue de plus en plus méchante.  Que voulez-vous dire? En Italie, la politique pratiquée par la
          gauche repose sur la diffamation des adversaires et la transformation
          de la réalité. Ils ont reçu de bonnes, ou plutôt de mauvaises leçons
          d'experts américains. La campagne électorale de l'an passé a été
          très différente de celle de 1994. Chaque jour, il y avait une
          accusation nouvelle. A ce propos, je voudrais vous rappeler une
          anecdote. Quand il était en campagne, Lindon Johnson a dit un jour à
          son responsable de la communication: “Faites circuler la nouvelle
          que mon adversaire fait l'amour avec une poule.” Et celui-ci a répondu:
          “Mais ce n'est pas vrai!” “Bien sûr, mais il devra aller à
          la télévision pour expliquer que ce n'est pas vrai.” Il était
          donc difficile pour moi de parler de mon programme, et j'ai dû faire
          une campagne d'affichage.  Vous ne pouviez donc pas vous faire entendre
          dans les médias. La télévision publique est entièrement aux
          mains de la gauche. Dans la télévision privée, deux chaînes sur
          trois penchent à gauche. Certes, la télévision privée n'est pas
          partisane, elle ne pratique pas la diffamation, mais elle n'a jamais
          attaqué la gauche! Et, en plus, il y a une loi qui encadre la
          publicité à la télévision, et personne n'en parle. M. Jacques Attali a affirmé: “Aujourd'hui,
          M. Berlusconi, après avoir remporté les élections à travers ses télévisions...
          - ce qui est exactement le contraire -, veut s'emparer de la télévision
          publique.” Mais, dans les émissions politiques sur les chaînes
          publiques, mon parti, qui était soutenu par 35% des électeurs, ne
          dispose que d'un temps d'antenne de 4%. Au même titre que les
          vingt-cinq autres partis politiques. Cette disposition a été prise
          contre nous, et plus exactement contre moi.  Pourquoi, quand un responsable change de
          poste dans l'audiovisuel, et dans les médias en général, on vous
          accuse d'en être à l'origine? S'il y a des changements à la RAI, c'est
          parce que le conseil d'administration de la télévision publique
          termine son mandat - comme la loi le prévoit - le 17 février
          prochain. Nous avions la possibilité de modifier le conseil d'administration
          de la télévision publique quand nous avons obtenu la majorité. Il
          suffisait de faire une petite loi, comme c'était la tradition en
          Italie. La tradition en Italie voulait également que les administrateurs de la télévision publique démissionnent lorsqu'un gouvernement changeait. Eux sont restés accrochés à leur siège, et nous, on n'a rien fait pour les remplacer. Pourquoi avoir été si magnanimes puisque,
          de toute manière, on vous accuse...? Vous avez peut-être raison. D'ailleurs, mes
          alliés se sont posé la question. Mais j'ai réfléchi, et je suis
          tellement sûr de ma coalition et de réaliser pendant cinq ans ce que
          j'ai promis aux Italiens que ces derniers comprendront ma politique.
          Le consensus actuel me donne raison. Personne ne pourra dire en Italie
          que nous avons exercé des pressions ou déplacé des gens qui ne
          devaient pas l'être.    Mitt.
            Domenico Manaresi - via Gubellini, 6 - 40141 Bologna - tel&fax
            051-6233923 – e-mail: bon4084@iperbole.bologna.it   _________________________________________________________________ |