<<<-salva o stampa il file, leggerai con più comodo

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

 

 

Lettera aperta al mons. Vescovo di Como sullo sciopero


Valerio Dalle Grave

Eccellenza,

 

Mi è capitato di leggere (in ritardo) il Suo articolo, pubblicato da ”Il Giornale” del 17 aprile scorso, : “perché la Chiesa non condanna le bugie del sindacato sull’articolo 18?”. Sicuramente il  titolo altisonante e provocatorio è opera della redazione, ma il contenuto dell’articolo è tutto Suo (firma a parte).

Lo stimolo sarebbe quello di rispondere per le rime all’articolista, in considerazione, anche, dell’orientamento politico del quotidiano in questione, ma io non posso dimenticare che Lei, eccellenza, è il mio vescovo.

Il Pastore al quale mi rivolgo per avere lumi sul significato temporale ed escatologico del messaggio Evangelico, e dal quale mi aspetto sempre parole di conforto e  di misericordia per le mie debolezze, nonché di  incoraggiamento, anche di critica (quando è necessaria), di sprone comunque,   a compiere sempre il mio dovere di Cristiano nello svolgersi del diuturno lavoro con i fratelli.

Dalla lettura dell’articolo in questione invece, rilevo che Lei, a causa dello sciopero generale del 16 aprile, mi  ha processato, giudicato e condannato con l’appellativo di “bugiardo” (ci mancava la scomunica).

Quelle sue affermazioni, così perentorie e senza appello, mi hanno turbato. Si, perché io mi immedesimo con la dirigenza del sindacato al quale appartengo e nel quale milito da ormai più di cinquant’anni: la CISL, che ha proclamato assieme a CGIL, UIL e altri  sindacati, quello sciopero.

Ciò nonostante sono tranquillo, sereno e sicuro di non aver commesso nessun atto riprovevole o comunque  in contrasto con alcunché al di fuori dell’insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa.

Anche io come tanti colleghi sindacalisti della CISL, sono andato in giro tra i lavoratori e i pensionati a spiegare le ragioni (quelle vere), che hanno indotto il sindacato a protestare duramente e in modo plateale contro il Governo Berlusconi che, mentre dichiara di essere disponibile al dialogo, di fatto nega ogni disponibilità a considerare  le  istanze proposte dai sindacati in nome e per conto di milioni di lavoratori e di pensionati.

Per argomentare meglio il mio disappunto, però, desidero esplicitare alcune risposte alle Sue domande secondo lo schema da Lei esposto, che, secondo me, denotano una carenza conoscitiva delle problematiche in questione.

La prima: si chiede se sia giusto che i lavoratori addetti ai servizi pubblici, esercitando un loro diritto (lo sciopero) blocchino l’attività di altri lavoratori che invece vorrebbero lavorare.

Le rispondo che è così tanto tempo che il sindacato ha adottato un codice di autoregolamentazione, specie per i servizi pubblici essenziali (nella sanità, nei trasporti, eccetera) che nessuna Istituzione, pubblica o privata che sia, ormai  non solleva più problemi. IL sindacato si è sempre assunto le sue responsabilità, se mai  la domanda dovrebbe essere girata alle controparti. Infine, non bisogna sottacere che lo sciopero è un diritto.

La seconda: si chiede se i danni (economici immagino) causati con lo sciopero, siano paragonabili con i vantaggi che si vogliono raggiungere.

Eccellenza, le rispondo proponendole un’altra domanda: secondo Lei, la dignità dell’uomo ha un prezzo quantificabile o misurabile con il metro dell’economia? Oppure con il metro della convenienza di parte, di qualsiasi parte?

Si è accorto Eccellenza che in gioco c’è il diritto di cittadinanza di milioni di persone,  appartenenti alle organizzazioni della società civile,  conquistato in lunghi anni di lotta democratica contro il potere dominante?

La terza: molto problematicamente (e anche subdolamente) si chiede se sia eticamente ammissibile proclamare  e attuare uno sciopero generale per motivi politici; se lo sciopero generale non sia stato usato in modo strumentale per ricompattare i ranghi scompaginati di taluni partiti; e, infine, se   lo sciopero non sia stato usato addirittura per imporre la figura di un sindacalista come leader di un’area politica.

Le rispondo che può darsi che nella mente (e magari anche nella strategia) di qualche dirigente sindacale  ci sia questo pensiero: non lo escludo. Come non escludo che addirittura una organizzazione sia in sintonia con la lunghezza d’onda del suo, massimo dirigente (sono i rischi del pluralismo sindacale, ma anche il pregio della democrazia).

Ma andiamo per ordine. La CISL, fino dalla sua nascita ha escluso lo sciopero generale come strumento di lotta politica. Anzi, proprio per contrapporsi alla logica dell’uso strumentale dello sciopero generale per scopi politici, il movimento sindacale unitario, nato dal patto di Roma del 1944, si è scisso e ha dato vita ad una nuova, inedita organizzazione sindacale (appunto la CISL) che ha assunto un modello organizzativo diverso e spesso alternativo alla CGIL.

Siccome Lei, Eccellenza, ha affermato di non essere nato ieri, dovrebbe sapere questi antefatti storici e quando interviene criticamente (ne ha tutto il diritto) nei confronti del “sindacato”, per amore di verità dovrebbe distinguere tra sindacati (dare a Cesare quello che è di Cesare…..), altrimenti la sua critica potrebbe assumere connotazioni sospette.

Questo sospetto prende corpo e si sostanzia quando altrettanto perentoriamente afferma che: tutte le altre richieste complementari (riforma della sanità, della scuola, del mercato del lavoro, della immigrazione; il taglio dei contributi previdenziali per i nuovi assunti, i nuovi ammortizzatori sociali,  il rilancio degli investimenti al sud, eccetera) a dispiego della manifestazione del 16 aprile, sono solo dei palliativi perché il vero titolo, quasi esclusivo, dello sciopero, è l’intoccabilità dell’Art. 18 dello statuto dei Lavoratori; e sostiene altresì che le argomentazioni addotte dai sindacati a difesa del medesimo articolo sono un falso.

Bene, non è così come Lei crede o vuol far credere, anche se “l’intoccabilità” dell’Art. 18  è diventata, nostro e loro (del governo) malgrado,  il Leitmotiv della vertenza in corso.

La quarta: Lei si chiede e chiede come mai i lavoratori tutelati dall’Art. 18, ai quali il governo ha garantito l’intoccabilità dei diritto, non abbiano capito “l’imbroglio” propinato loro dai sindacati. Ed è a questo punto che,  chiamando in causa la Gerarchia Ecclesiastica, si chiede se non era il caso di sconfessare pubblicamente il sindacato che andava raccontando bugie.

 Le rispondo: nel rigettare sdegnosamente ogni accusa di falso, chiedo: veramente crede,  Eccellenza, che il sindacato abbia così tanta influenza e potere sui lavoratori,  da convincerli a credere alle “bugie” raccontate loro dai sindacalisti?

Non pensa invece che proprio quei lavoratori coperti da tutela  abbiano compiuto un encomiabile  atto di generosità e solidarietà  (carità Cristiana per noi credenti) verso i loro figli e nipoti  per lasciare a loro integra l’eredità  di tale diritto di tutela? conquistata con durissime lotte contro lo strapotere delle lobby imprenditoriali che nel corso degli anni hanno dominato la politica economica (e non solo)?

Mi creda, Eccellenza, il governo Berlusconi non ha bisogno di un nuovo nume tutelare. Sono invece convinto che la massa dei lavoratori, di ogni categoria, di ogni settore economico, garantiti e tutelati o fuori da ogni schema, giovani e meno giovani, abbiano sempre più bisogno di credere in qualcosa che va al di la e sia al di sopra  di ogni  ammiccante mito di benessere materiale, che non può e non potrà mai essere esaustivo per la vita dell’uomo. La Chiesa (e la gerarchia), se veramente lo vuole, in questa direzione ha uno spazio enorme da coprire, attraverso l’esempio, la testimonianza, la pastorale sociale, e con l’insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa lasciataci in eredità dai pontefici (da Leone XIII  in poi,  sino a  Giovanni Paolo II). In questo particolare momento, difficile e complesso anche per la Chiesa nel mondo,  mi parrebbe che la gerarchia, anziché giudicare, dovrebbe assumere un atteggiamento di umile ascolto delle masse lavoratrici per capire le ragioni vere  che preoccupano il loro presente e il loro incerto futuro.

Con la cosidetta globalizzazione, mai come oggi il mondo del lavoro soffre della instabilità della politica e della fragilità degli schemi dell’economia e mai come oggi tutto ciò mette a rischio ogni pur minima prospettiva di vita dignitosa, che veda rispettato il diritto al  lavoro, alla  sicurezza e alla  tutela soprattutto per le giovani generazioni non meno che per le persone anziane. 

Anche io sono preoccupato con il Cardinale di Milano nell’osservare una situazione che conduce sempre più a modelli di società che non ci convincono, per il liberismo che aumenta la povertà e marginalizza le persone non in grado di reggere le esigenze del mercato.  

C’è bisogno, quindi, di allargare il campo delle tutele e delle garanzie ai strati più deboli della società e del mondo del lavoro in particolare, non di ridurre quelle che già esistono. C’è bisogno di esportare nel mondo il nostro modello solidale di tutele non di ridurlo per adeguarci ai Paesi in via di sviluppo;  e per portare a compimento questo immane sforzo la Chiesa può (deve) essere alleata con tutti gli uomini di buona volontà che vanno in quella direzione. Uomini liberi che credono nella vera libertà, quella che libera dal bisogno, di ogni bisogno e da ogni schiavitù.

Mi consenta, Eccellenza, di concludere questa mia lettera con una frase (una delle tante) scritta dal mio compianto amico Padre David Maria Turoldo: “…..A liberarci non sono gli uomini e le ideologie. Se è un uomo a liberarmi, io sarò schiavo di quell’uomo. Per questo nella Bibbia è detto che non è Mosè che libera: nel caso, tu saresti schiavo di Mosè. La liberazione è molto più misteriosa e radicale, tanto da travolgere e superare ogni ideologia. Ogni ideologia, per quanto rivoluzionaria, una volta arrivata al potere sarà sempre una forza conservatrice: se non altro per conservare il potere che ha conquistato. E’ così anche per il Cristianesimo, qualora lo si riduca a ideologia. La libertà trascende tutti i miti. Ed è la ragione per cui la libertà è molto rara, e costosa, e difficile”.

In questa frase è racchiuso molto il modello di sindacato scelto e portato avanti con insistenza dalla CISL. Ripeto, anziché giudicare e condannare, perché non spende un poco del Suo prezioso tempo per ascoltare anche le nostre ragioni?. Le assicuro che non sono meno nobili di quelle del Governo e di Confindustraia.

Fraterni saluti.

Valerio Dalle Grave – Cosio Valtellino il 12 maggio 2002

 


_________________________________________________________________