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Miei cari ministri


Jiri Svobodek


Miei cari ministri di questo governo moderato e democratico. Miei cari Scajola e Fini, rispettivamente ministro dell'interno e vicepresidente del consiglio. Miei cari. Vorrei dire quello che penso di voi dopo aver letto le vostre dichiarazioni in seguito agli arresti domiciliari di alcuni agenti di polizia rei di aver pestato, abusato e maltrattato dei giovani manifestanti. Avete espresso solidarietà verso di loro. Avete detto di attendere che i magistrati riferiscano dimenticando l'elementare distinzione del potere esecutivo da quello giudiziario. Vorrei dire quello che penso di voi. Allora mettiamola così. Non so se avete dei figli. Spero che proviate questa gioia almeno per una volta nella vita. Io l'ho provata grazie al cielo e grazie a Dio. Chiudete gli occhi e immaginate. Allora, ci sono questi bambini che poi diventano ragazzi che poi continuano a crescere, li vedete giocare e studiare, crescere autonoma-mente. Magari li iscrivete all'università e dopo averli visti studiare per l'esame di economia politica vi pongono alcune domande. E voi siete senza risposta, allora i vostri figli continuano a studiare, poi fanno un anno di servizio civile nel campo profughi di Bari Palese, vanno a spiegare agli stranieri come ci si comporta in Italia, qualche parola fondamentale per farsi capire, distribuiscono tarallini e paste secche. Poi vostro figlio, non soddisfatto, torna a casa e chiede di andare a fare assistenza alla Croce Rossa di Altamura. Passa le notti in bianco, accompagna due ragazze e un infermiere nelle chiamate urgenti che tempestano la notte il centralino della Croce Rossa. Sapete? L'Italia è un paese democratico dove si è anche liberi di lavorare gratis. Poi capita che in televisione vi accorgete che il mondo cambia, vedete che a Seattle dicono quello che pensate, ma non osate dire. Allora vostro figlio dice che gli piacerebbe andare a manifestare in piazza, spiegare che il mondo ha mille sfaccettature, noi dei cosiddetti paesi democratici conosciamo solo quella migliore possibile. Allora gli spiegate che non serve andare a urlare in piazza come fanno quelli che passano in televisione, che certe idee vanno anche mostrate con la dignità e la compostezza di chi fa con piacere il volontario della Croce Rossa. E' la fine novembre del 1999 e tirate un sospiro di sollievo a sapere che quello che succede non avviene in Italia. Ma questo vostro figlio un giorno vi dice che andrà a manifestare davanti alla prefettura di Lecce. Che lì c'è una fiaccolata per commemorare non so quale evento. E allora pregate che non succeda quello che avete visto in televisione, quelle immagini di Seattle dove certi pazzi capelloni si sedevano a terra e facevano resistenza passiva a migliaia di poliziotti e prendevano sberle e non si alzavano. E poi vedevate certi teppisti che spaccavano le vetrine di agenzie finanziare e negozi. E magari pensate a quelle persone che hanno messo da parte i soldi per una vita e aprirsi un negozio in pieno centro e poi vederselo devastato da certi teppisti.

Allora pensi che davvero tornare a manifestare in piazza dopo 20 anni in Italia sarebbe pericoloso e che mai e poi mai vorreste vederci vostro figlio. Allora pensate che vostro figlio torni da questa fiaccolata a Lecce e dica di essere felice, che ha conosciuto un sacco di persone che la pensano come lui, che il mondo non gira per il verso giusto, che ci sono tante persone in questo mondo che avrebbero bisogno del nostro aiuto. E sai quanto è bello avere un figlio felice che racconta una bella esperienza. Spero che conosciate questa emozione e se non la conoscete mi auguro che vi accada. Allora immaginate questo vostro figlio che seduto a tavola non tocchi cibo per raccontare nei minimi particolari i contenuti di questa fiaccolata. Immaginate che vostra moglie prepari lo sformato più buono che sia mai stato preparato. Immaginate che vostro figlio abbia fame come il bambino più affamato di questo mondo, immaginatelo ma immaginate anche che non riesce a toccare cibo per raccontare di essere salito su un palco e con un megafono abbia urlato UN ALTRO MONDO E' POSSIBILE. Immaginatelo vi prego, certo magari sono solo slogan, ma non siete contenti di vederlo felice? Si sentono tante cose in giro. Dicono che i giovani fanno soltanto certe cazzate. Magari la vostra felicità diventa preoccupazione perché non tutte le manifestazioni di questo strano movimento trasversale finiscono come la fiaccolata di Lecce. Capita che in diverse parti in Italia succedano cose terribili, che a Torino una poliziotta sia stata aggredita e malmenata da dei teppisti travestiti da manifestanti. Capita di alcuni scontri e che anche qualche negozio come a Seattle venga distrutto e devastato.

Allora avete paura per quel ragazzo che avete di fronte e che ogni giorno insegna che questo prodotto è fatto sfruttando questo o quel prodotto, che quelle banane non sono da comprare perché chi le ha raccolte ci ha lasciato le penne sotto una nuvola di pesticidi, che quel latte è da evitare perché la multinazionale che lo vende ha donato alle madri del terzo mondo delle provviste avariate, e che ci sono mille buoni motivi per comprare il miele comprato da un signore dell'Equador dove hanno dollarizzato l'economia. Allora succede che vostro figlio riesce a laurearsi dopo tante difficoltà, nonostante la fatica di saltare tutte le notti in un'ambulanza e correre su e giù per la Puglia. Allora chiedete se ha bisogno di qualcosa e lui vi risponde un biglietto ferroviario Bari-Napoli perché c'è una manifestazione e lui non può mancare assolutamente. E allora dopo aver fatto mille raccomandazioni cercate di spiegare di stare attenti, ma vi viene da balbettare qualche ovvietà e realmente non sapete cosa dire. Poi vostro figlio parte con quella stessa faccia luminosa di quando tornò da Lecce, quella stessa faccia che dimenticava di mangiare lo sformato più buono del mondo, beh lo mettete sull'espresso che parte per Napoli. Beh, allora lo vedete partire con la videocamera che gli hanno regalato per la sua laurea e lui che dalla finestra del treno grida «Vi farò vedere tutto quello per cui vale la pena vivere oggi». Allora vi nascono certi ragionamenti sulla retorica e pensavate che un po' di retorica in questi giorni non guasta mai.

Beh, allora immaginate questo quadro: vostra moglie che saluta e fa le ultime raccomandazioni e voi che mettete questo vostro figlio che tanto normale non è, che invece di andarsi a fare un viaggio se ne va a Napoli a fare una manifestazione. Allora mettete questo quadro, mettete che vedete in televisione quello che non avreste mai voluto vedere. Insomma quello che temevate è successo. Guardate certi brutti ceffi tra i manifestanti, ce n'è addirittura uno con una testa bizzarra, rasato a zero con una coda di capelli sulla nuca, a torso nudo, viene arrestato. Immaginate che vostra moglie commenti incautamente «ma nostro figlio non può essere tra quelli stai tranquillo, la polizia sa il suo mestiere». Immaginate che il cellulare di vostro figlio risulti spento. Immaginate che non avete notizie per una settimana e che dopo aver avvisato polizia e carabinieri vi arrivi a casa un relitto. Pare sia vostro figlio, non ci giurereste se non per il giubbotto militare che aveva alla partenza. Ha il viso gonfio, gli occhi neri e pesti, le pupille si possono appena intravedere dentro due fessure violacee. Ha gli zigomi sfasciati, dei graffi, la testa fasciata e poi il collo pieno di segni neri e non ha nulla se non questo giubbotto. Allora sentite che gli hanno spaccato tutto, gli hanno rotto la testa e anche la videocamera della sua laurea, gli hanno rotto il cellulare e gli hanno ficcato la testa dentro una latrina e che adesso i suoi brufoli sono delle ulcere infette e pustolose. Allora non chiedete chi sia stato perché avete già capito tutto.

Lui per giorni non dice niente, passa un paio di giorni in una clinica privata dove sembra riprendersi. Poi decide di lasciar perdere la Croce Rossa e decide di non voler cercare lavoro e inizia a passare delle giornate vuote sul divano davanti al televisore. Immaginate che vostro figlio ha cominciato a fumare. Fuma molto, non parla mai e non parlate mai di quello che è successo. Poi un giorno vostro figlio dice, testuali parole, «Mi credi che si chiamano agenti di pubblica sicurezza?» e poi smette di parlare di nuovo. Allora ci pensi a quei giorni che passava le notti in bianco, ci pensi a quella sera che era tornato da Lecce con il viso luminoso. Ci pensi un sacco di volte. Soprattutto quando vostro figlio diventa sempre più silenzioso. Arrivano i giorni degli scontri di Genova e pensi che bisogna essere faziosi e in malafede per credere che non ci siano eccessi sia tra i poliziotti che tra i manifestanti. E questo magari lo pensa anche tuo figlio. Ma non ci pensate neanche per un attimo di chiederglielo. Allora succede che un giorno un magistrato arresta alcuni presunti autori di quegli abusi. Si tratta di mele marce che rovinano il lavoro di chi ci assicura giorno per giorno un minimo di vivibilità in questa città da incubo che è Bari. Penso che i colleghi di questa gentaglia siano molto arrabbiati, che capiscano che il loro duro lavoro possa essere messo in discussione da un minuscolo gruppo di teste calde e anche di cazzo.

E allora mentre vostro figlio ha ripreso a leggere un libro per preparare un dottorato vedete che il governo esprime solidarietà verso quelli che sono stati arrestati. E vedete che questi esponenti del governo si arrabbiano molto, pretendono le ragioni di questa lesa maestà. Allora immaginate tutto questo, immaginate delle persone che solidarizzano con delle persone che sono accusate di aver ridotto vostro figlio a una larva per circa un anno. Immaginate che vostro figlio è costretto ad andare in procura travestito e che una televisione locale lo abbia intervistato di spalle come un pentito di mafia. Allora immaginatelo, vi prego immedesimatevi nel padre. Bene, l'avete fatto? Cosa si prova ? Bene, ecco cosa penso di voi.

 

 

Tratto da "Il Manifesto" 30 aprile 2002

 


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