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GLI IMMIGRATI E LE NOSTRE PAURE

di GIUSEPPE D'AVANZO


SE È LECITO dirlo, e dirlo con tutto il rispetto che l'alta carica e la sua
testimonianza di vita meritano, Carlo Azeglio Ciampi si è lasciato vincere o
tentare per un giorno dall'emozione. Era un'emozione più che giustificata.
Da qualche ora a Brescia era caduto vittima di una rapina Eliano Tognazzi.
Gli avevano sparato nella sua gioielleria di Botticino Mattina. Brescia ne
era ancora sconvolta quando il capo dello Stato ha preso la parola. Il
presidente ha subito voluto rivolgere un commosso pensiero alla vittima
parlando a braccio e ha affrontato il tema della sicurezza dei cittadini.

IL CAPO dello Stato ha detto: "Questo nuovo omicidio richiama
drammaticamente il tema della sicurezza dei cittadini (...) Sono al momento
ignoti i responsabili di questo nuovo efferato delitto ma, sulla base degli
altri crimini di cui sono state accertate le responsabilità, non c'è dubbio
che l'insufficiente senso della sicurezza dei cittadini sia legato anche al
fenomeno dell'immigrazione (...) Operiamo con impegno per favorire
l'integrazione in modo da renderla positiva per tutti, ma reprimiano con
severità, senza alcuna tolleranza, tutti i fenomeni di criminalità".
Ci sono in queste brevi, asciutte frasi alcune equazioni. La prima. Se
l'insicurezza o la percezione di insicurezza cresce, lo si deve all'
immigrazione. La seconda (in qualche modo, sostiene e motiva la prima):
l'immigrazione provoca insicurezza perché, è vero, la responsabilità di
molti crimini va attribuita agli immigrati. La terza. Con gli immigrati
bisogna avere tolleranza zero. Sono equazioni o nessi sui quali vale la pena
riflettere a partire da qualche domanda anche perché la sortita bresciana
collide con altre e più recenti prese di posizione del presidente.
Due esempi. 4 ottobre 1999, dinanzi alle centrali operative interconnesse
della Questura di Milano e del Comando provinciale dei Carabinieri, il
presidente sostiene: "L' immigrazione è una ricchezza e continuerà a esserlo
sempre di più, ma fra i semi di grano si può frammischiare il loglio. Quindi
occorre regolare i flussi d'immigrazione, ma anche vagliarli"". 31 maggio
2000. Quirinale. Ciampi dice ai prefetti: "E' pericoloso oltre che
profondamente sbagliato formulare grossolane equazioni tra immigrazione e
criminalità. E' evidente che servono politiche coordinate in ambito europeo
e internazionale, che solo lo Stato può garantire per il controllo dei
flussi migratori, la protezione e l'integrazione sociale, la repressione di
forme odiose di criminalità e di sfruttamento che calpestano i diritti
umani".

Carlo Azeglio Ciampi non è un politico a caccia né di consenso né di facile
popolarità, perché ha cambiato opinione? Preferiamo la più banale delle
risposte. Il presidente pensa quel che dice. Dunque, dobbiamo chiederci: è
vero che, se siamo più insicuri, lo dobbiamo alla circostanza che intorno a
noi ci sono più neri, più asiatici, più nordafricani, più balcanici? E' vero
che colorati, asiatici, nordafricani e balcanici delinquono di più? E' vero
che è la "tolleranza zero" la strada maestra da imboccare?
Per rispondere alla prima domanda conviene farsi aiutare da Zygmunt Bauman
che nella "Solitudine del cittadino globale" ragiona sulla "tormentosa
sfiducia esistenziale che caratterizza l' uomo dell'Occidente, sul suo senso
di precarietà". Bauman ha un vantaggio. Scrive in inglese e in inglese egli
può sezionare la parola sicurezza in tre ossimori (insecure security,
uncertain certainty, unsafe safety) che meglio ne definiscono il
significato, le domande, i problemi. La "sicurezza insicura" è
un'insicurezza sociale e rimanda alla condizione del lavoro virtualmente
precario e a una sicurezza sociale sempre più minacciata. La "certezza
incerta" è il rischio connaturato a ogni dimensione economica della società
globale mentre il terzo ossimoro potrebbe essere tradotto con "incolumità a
rischio".
Ora Bauman pensa che io, voi siamo del tutto impotenti di fronte ai primi
due ossimori. Posso forse sconfiggere la globalizzazione, posso rifiutarla?
Sono libero di sceglierla e di intervenire, posso modificare quei processi
che peraltro hanno l'incondizionato consenso di tutti? Appena poste, queste
domande riflettono come in un minaccioso specchio la mia inutilità e
impotenza. La mia solitudine, appunto. Totalmente dipendente dai processi
globali, mi rimane soltanto una strada: difendere almeno me stesso e i miei
cari, il mio corpo e la loro vita, i miei beni, e guardare alla protezione
della mia incolumità con una forma di difesa anche dall'insecurity e
dall'uncertainty. Bauman invita a riflettere sul fatto che le mobilitazioni
reali e virtuali per la difesa dell'incolumità e contro la microcriminalità,
l'immigrazione, la pedofilia esprimono "una forma elementare di voce
territoriale e microcomunitaria in cui un quartiere, una strada, una città,
ma anche il condominio definiscono il confine del noi".

Si può allora concludere che "la costruzione dello straniero come nemico e
la protezione del territorio esprimono la reazione culturale degli individui
al dilagare della globalizzazione". Queste cose, come è ovvio, non sfuggono
al presidente della Repubblica. E allora perché semplificare pericolosamente
le implicazioni della voce "Sicurezza"? E tuttavia Ciampi potrebbe aver
ragione se davvero, come dice, "sulla base di altri crimini di cui sono
state accertate le responsabilità", sono gli immigrati che delinquono di più
minacciando l'ordine pubblico più e peggio dei criminali di casa nostra. E'
vero? E' sicuramente vero che per ventidue tipi di reati (dall'omicidio al
tentato omicidio, alle lesioni, alla rissa, alla violenza carnale, dallo
sfruttamento della prostituzione, al furto, alla rapina, al traffico e
spaccio di stupefacenti) la quota degli stranieri sul totale delle persone
denunciate è negli anni aumentata ma, sotto un profilo statistico, dopo
l'entrata in vigore della legge sull'immigrazione, sono emerse una
significativa inversione di tendenza per i quattro reati ritenuti più gravi.
La quota di stranieri denunciati per contrabbando, in crescita incessamente
dal 1988 fino al 1997, è diminuita nel 1998 e nel 1999 e ha avuto un vero e
proprio crollo, ritornando ai valori del 1990. Per i furti d'auto, la quota
degli stranieri denunciati è ininterrottamente salita fino al 1998 ed è
discesa nel 1999. Per il favoreggiamento e lo sfruttamento della
prostituzione, il numero degli stranieri denunciati (cresciuti di numero
rapidamente fino al 1995 e sostanziamente stabile negli anni seguenti) ha
registrato nel 1999 una lieve diminuzione. Per il traffico e lo spaccio di
stupefacenti la quota di stranieri, salita in modo non sempre regolare con
la punta massima nel 1998, è scesa in modo significativo (dal 32 al 29 per
cento) nel 1999 anche se nei primi due mesi del 2000 è di nuovo aumentata
fino al 30,7 per cento.
In ogni caso, con percentuali che oscillano per tipo da reato dal 70 al 90
per cento, sono gli "irregolari" e non gli stranieri con permesso di
soggiorno a violare le norme penali. Sono sufficienti questi dati per
sostenere l' equazione criminalità uguale immigrazione? Ed è ragionevolmente
documentato che in giro per l'Italia si guarda con troppa tolleranza ai
reati degli immigrati, se le nostre galere ospitano 40.173 stranieri e
mediamente entrano nelle carceri poco meno di 90mila immigrati ogni anno?
Bisogna allora chiedersi perché, contrariamente ai suoi più recenti discorsi
pubblici, Ciampi abbia ceduto all'emozione schiacciando le sue
considerazioni su qualche luogo comune molto radicato. Non è inutile
l'emozione se accorcia le distanze tra i governanti e i governati, se rende
ai primi possibile interpretare i secondi. E' quel che è accaduto ieri a
Brescia. Ciampi ha dato voce al sentimento più profondo che scuote gli
italiani e lo ha trasformato in un monito alla politica.
Perché appunto è il vuoto politico, l'incapacità della politica di
immaginare modelli di sviluppo, di convivenza, di responsabilità comune la
ragione ultima, come sostiene anche Bauman, di quella crisi di "sicurezza"
che prende per la gola l'uomo d'Occidente.

da La Repubblica 16 novembre 2000

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