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Nel giorno della Memoria

 ( Intervista al Prof. Giuseppe Laras, Rabbino capo della Comunità israelitica di Milano)

di Maria de falco Marotta

 

Il 27 gennaio 2002 è la Giornata della Memoria dell'Olocausto, istituita dalla Repubblica italiana il 20 luglio 2000, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.

Quando, appunto, si spalancarono i cancelli di Auschwitz e il mondo cominciò a domandarsi il perché di tanta ferocia contro un popolo, reo di essersi mantenuto nel tempo fedele all’alleanza, senza farsi assimilare dai più forti.

Si sono scritte e si scrivono milioni di parole su questo tragico dramma della Seconda guerra mondiale, si sono girati e si continuano a girare films( l’ultimo, sulla storia di Giorgio Perlasca che con astuzie e sprezzo del pericolo riuscì a salvare dai campi di concentramento 5 mila ebrei ungheresi,  sarà trasmesso in Tv alla fine del mese di gennaio 2002) sull’orrore dei forni crematori e dei campi di concentramento e la domanda che molti si sono posti e si pongono anche oggi di fronte ai massacri di popoli in più parti del mondo(anche in Israele), è sempre la stessa: Dov’era Dio ad Auschwitz? E dov’è ora che gli uomini si scannano in Afghanistan, in Palestina, mentre un minuscolo gruppo di individui( non tante donne, mai)  di 12 religioni( ma come, il sikkismo, il tenrikyo,  lo zoroastrismo, non sono più delle sette: chi le ha promosse?) si sono riuniti a pregare per la pace ad Assisi, mentre altri ne guardano in Tv le sue  immagini e pensano alla guerra: ai bombardamenti, agli attentati e ai carri armati che, inesorabilmente, sfigurano la faccia di Dio. Ma queste sono solo le guerre di cui parlano i mass media. Quelle che spesso vengono trasformate in uno spettacolo.

Da decenni, e specialmente negli ultimi anni, in ogni parte del mondo ci sono guerre sanguinose. Hanno cause diverse e dimensioni variabili, ma definirle soltanto conflitti locali sarebbe ipocrita. Spesso sono provocate dalla miseria, dai debiti, da ideologie, da alleanze che coinvolgono altri Paesi.

Quasi sempre sono combattute con armi che vengono dalle nazioni ricche.

E tutti fanno finta di niente, però si celebrano poi in giro giornate della memoria, del perdono, della pace.

Ma cosa manca agli uomini di oggi?

 

DOMANDA: Prof. Laras, il Terzo Millennio, almeno da quando è cominciato, non continua le atrocità del secolo da non molto conclusosi, c’è qualcosa che ancora manca loro?

RISPOSTA: nessuno potrà dimenticare la Seconda guerra mondiale per i morti che ha lasciato nei campi di concentramento, a Iroshima, a Nagasaki e l’uso del potenziale atomico che hanno cambiato la storia del mondo. Da questa evidente e drammatica  constatazione, nasce la necessità di formulare un nuovo umanesimo, in senso molto più ampio, coinvolgente nel significato di un’etica comportamentale, che abbia il suo punto d’appoggio e di riferimento, nel rispetto e nell’accettazione dell’altro.
DOMANDA: le religioni si riuniscono. Ancora ad Assisi, insieme al Papa Giovanni Paolo II, che non cessa di invocare la pace associata alla giustizia. Cosa bisogna cercare e proporre all’uomo del nostro tempo?

RISPOSTA: nel dialogo fra le religioni, soprattutto nel dialogo ebraico cristiano, che conosco meglio, anche se c’è senz’altro dialogo tra islam ed ebraismo ed ebraismo e cristianesimo, si devono porre le premesse di una ricerca/ costruzione di un nuovo umanesimo, cioè di un’etica comportamentale diversa, scaturita, appunto, dalla tragedia della fine del 2° Millennio che, purtroppo, non accenna a finire.

La domanda da porsi è se l’accettazione e il rispetto dell’altro debba essere conquista ed appannaggio dell’epoca messianica. Naturalmente, questo è il messaggio che scaturisce dalla lettura dei testi biblici e ci si interroga se sia già da praticare qui, in questo mondo messianico che i cristiani affermano sia iniziato con la venuta di Cristo che ha insegnato ad amare ed accettare l’altro come se stesso.

DOMANDA: infatti, la connotazione di quest’amore è anche la libertà. Cosa ne pensa?

RISPOSTA: la libertà è la caratteristica esclusiva della creatura umana.

L’uomo, che è fatto ad immagine di Dio, è stato dotato di questo grande dono.

Ma cosa vuol dire libertà? Significa scegliere il rispetto dell’alterità, la giustizia e la pace, oppure il rifiuto dell’alterità, l’ingiustizia, la guerra?

Noi sappiamo che la capacità di fare il male è, senza dubbio, più forte della capacità di fare il bene. D’altra parte, sia la Torah, che i profeti indicano che cosa deve essere scelto dall’uomo.

Quindi, l’uomo dotato della facoltà di scelta, deve essere messo anche in condizione di compiere la scelta giusta. ” Ecco, io oggi pongo di fronte a te la vita e la morte, il bene e il male, ma tu sceglierai la vita”, cioè praticare la giustizia, amare la misericordia, camminare in maniera umile con Dio.

DOMANDA: allora, l’obiettivo delle religioni abramitiche( ebraismo, cristianesimo, islam) dovrebbe essere l’educazione della persona ad orientarsi solamente verso il bene?

RISPOSTA: certamente, ma non solo.

L’umanità, così educata, dovrebbe scegliere soltanto il bene e vivere nel rispetto dell’altro.

DOMANDA: ho molti dubbi, in proposito. Basta vedere cosa è successo, con la Shoà. Di chi è la colpa: di Dio, delle religioni, delle persone… di chi?

RISPOSTA: molti si sono interrogati sulla Shoà e ne è nata la teologia dell’Olocausto, con l’intento di coinvolgere Dio in questa. Molte domande chiedevano come Dio abbia potuto determinarla o il perché non l’abbia impedita.

E’ l’eterno problema che mette in discussione gli attributi della divinità, la sua onnipotenza e, soprattutto, la sua bontà. Mi sono occupato moltissimo di questo dilemma e ho dovuto concludere che non esiste una teologia della Shoà.

Dio non c’entra assolutamente niente.

Potremmo parlare di una sociologia, di un’antropologia dell’olocausto, nel senso di doverci e poterci chiedere non dov’era Dio, ma come ha potuto una parte di umanità di quel tempo, compiere quelle scelte tragiche che pure erano libere.

Questo è anche oggi, il problema terribile che pone la Shoà e, di conseguenza, di come impostare la costruzione di sistemi etici che abbiano come punto di riferimento ineluttabile, il rispetto e la dignità dell’uomo.

Quello che è accaduto, è successo perché i riferimenti dei sistemi etici praticati allora, non era rappresentato dall’uomo nella sua unicità, nella sua rispettabilità.

DOMANDA: lei vuol dire che il sistema etico allora in vigore, era stato “creato” autonomamente dall’uomo?

RISPOSTA: i sistemi etici religiosi sono eteronomi, nel modo che traggono il loro fondamento e la loro giustificazione dall’esterno, mentre i sistemi etici laici sono autonomi, nel senso che traggono dal proprio interno il riferimento e il sostegno.

Quando, in generale, si individua un obiettivo da porre a base di un sistema etico laico, si persegue una certa politica, una certa direzione e se, per esempio, all’interno di un certo contesto  ambientale- culturale , si stabilisce che chi è più sano  o più forte di un altro, ha più diritto di chi è più debole, o più indifeso a sopravvivere, allora deriva il diritto alla soppressione dei più deboli.

Nei sistemi religiosi è sempre in agguato il relativismo che bisogna combattere, perché l’uomo, secondo la Bibbia, è sempre portatore del diritto al rispetto e alla vita.

Questo è il punto importante che le religioni devono perseguire, al di là di quelle che sono le proprie connotazioni.

DOMANDA: ma le religioni, in genere, non hanno la tendenza a porsi in maniera esclusiva nei confronti degli altri?

RISPOSTA: le religioni monoteistiche(o abramitiche) hanno la capacità di vedere al di là della specificità, la generalità che ci accomuna tutti, in quanto figli di Dio.

In una certa misura, questa è un’utopia, cioè si parla di qualcosa che oggi non c’è da nessuna parte , ma che domani potrebbe esserci.

Le grandi utopie hanno sempre preceduto le grandi realizzazioni.

Nella letteratura midrasica vi è un racconto che riguarda un famoso personaggio, Alessandro Magno. Nella sua sete inestinguibile di conoscenza, era andato a visitare un regno di un re africano, dopo aver visitato il paese delle Amazzoni. Vi era capitato  nel corso di uno stranissimo processo, indetto per due persone che litigavano per un tesoro. L’uno sosteneva che lo aveva trovato nel terreno che l’altro gli aveva venduto, perciò non se ne sentiva proprietario. Il secondo affermava che una volta venduto il terreno, tutto ciò che vi si trovava, apparteneva di diritto a chi l’aveva acquistato.

Il giudice decise che il figlio dell’uno sposasse la figlia dell’altro, in modo che il tesoro restasse ad entrambi.

Alessandro, di fronte a tale sentenza, mostrò una certa perplessità.

Il giudice gliene chiese la ragione e lui rispose che nel suo Paese avrebbero risolto la questione tagliando la testa a tutti e due, impadronendosi poi del tesoro.

Questo è un paradosso, è ovvio.

Però indica una morale che oggi è inattuale, ma non significa che è impossibile.

DOMANDA: lei vuol dire che un’intesa tra le religioni, nonostante la Shoà, le distruzioni, le infamie che accadono e di cui spesso sono complici, è possibile?

RISPOSTA: se si vuole veramente bene ai nostri simili, ci si deve immedesimare, per capire quello che fa soffrire e mette a disagio l’altro.

Al di là delle differenze, delle difficoltà, delle tentazioni a fare cattive scelte, è la strada da percorrere per dare un contributo reale , anche se modesto alla costruzione della pace, che significa un mondo in cui l’utopia oggi non suoni e non appaia più un’utopia, ma venga invece vissuta in un’ottica esistenziale di spontaneità e di serenità.

Nel nome di Dio che ama gli uomini e le donne di questo pianeta.

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