Il vescovo senza stemma

di Arnaldo Casali

Lotario dei Conti di Segni, eletto papa nel 1198 con il nome di Innocenzo III, fu il primo papa che - scelto tra le fila di una nobile casata romana - continuò anche da capo della Chiesa a fregiarsi dello stemma di famiglia, quello, appunto, dei Conti di Segni, lo stesso semma che assumerà - appartenendo alla stessa stirpe - Gregorio IX nel 1227.
Come tutte le tradizioni quella dello stemma araldico fu cristallizzata e mantenuta da allora da tutti i papi, i cardinali e i vescovi, anche da quelli che non provenivano da famiglie nobili. La stessa dignità episcopale fu - al contrario - sentita essa stessa come una forma di nobiltà, e come tutti i nobili i vescovi cominciarono a scegliere il loro stemma personale al momento della concessione, che coincideva - nel loro caso - all'ascesa alla cattedra episcopale.

Esattamente come quella laica l'araldica ecclesiastica ha delle regole ben precise: se gli stemmi dei nobili sono “timbrati” (cioè sovrastati) da un elmo o una corona con decorazioni variabili a seconda del grado nobiliare, quelli di vescovi e cardinali hanno il cappello caratteristico con un numero di nappe variabile a seconda che si tratti di vescovo, arcivescovo, metropolita, o cardinale, mentre quello del Papa presenta la tiara con le chiavi di Pietro. 
Le figure rappresentate all'interno dello ‘scudo’ possono essere simboli religiosi, come nel caso dello stemma di Giovanni Paolo II, (una croce e la ‘M’ di Maria), ma possono anche rappresentare (esattamente come per i nobili) lo stesso cognome o l'ordine o comunità religiosa a cui si appartiene. Lo stemma di Santo Quadri, ad esempio, contiene al suo interno dei quadrati; quello di Vincenzo Paglia riprende quello della Comunità di Sant'Egidio.

Infine, allo stesso modo in cui i nobili inglobavano nei loro scudi le concessioni imperiali o gli stemmi delle famiglie con cui si univano, i vescovi assumono spesso dei segni che ricordano la città di cui sono - o sono stati - pastori. 
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I, entrambi patriarchi di Venezia, avevano nello stemma il leone di S.Marco, mentre Santo Quadri aveva inserito la ruota dentata delle acciaierie, quello di Paglia ha un fiume (il Nera? o il Tevere?).

Franco Gualdrini, con un atto - sembra - senza precedenti, ha rinunciato allo stemma episcopale preferendo invece fornire la Diocesi di Terni-Narni-Amelia di un proprio stemma, che rappresenta i tre patroni San Valentino, San Giovenale e Santa Firmina insieme alla Madonna del Popolo, segno di unione delle tre Chiese. 
Quello di Franco Gualdrini è un gesto da non sottovalutare, perché ha rappresentato un atto di grande umiltà e “democrazia”, stando a significare che è il Vescovo ad appartenere alla Diocesi, e non il contrario.
Così, per la prima volta nella storia della Chiesa degli ultimi mille anni non è stata la Chiesa locale ad identificarsi nello stemma del vescovo, ma è stato il Vescovo ad identificarsi nello stemma della sua Diocesi.

da Adesso n. 15 - marzo 2000