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PROFETI DEL NOVECENTO 

ALBERT SCHWEITZER 

(Kaisersberg 1875 - Gunsbach 1965)


 

                                                                        di Davide Toffoli

Nasce nel 1875 a Kaisersberg, in Alsazia (a quel tempo tedesca); si trasferisce poi a Gunsbach dove il padre era pastore della chiesa locale. Sono quelli gli anni della scuola regolare e delle prime lezioni di organo e di pianoforte fino a divenire un famoso concertista. A 15 anni scopre le opere di J.S.Bach (sua ispirazione costante nel corso dell'intera sua vita). Frequenta, a Strasburgo, le facoltà di Teologia e di Filosofia: a 24 anni si laurea in Filosofia e a 25 è dottore in Teologia.
Nel 1902 ottiene un incarico presso l’Università di Strasburgo e pochi mesi dopo viene nominato Presidente del Seminario teologico. Nel frattempo, si fidanza con Hélène Bresslau, alla quale un giorno, ormai sicuro dei suoi progetti, confida: «Hélène, ho trovato lo scopo cui dedicherò la mia vita: i negri del Gabon. Laggiù hanno soprattutto bisogno di un medico». 
Il 13 ottobre 1905, Schweitzer si dimette, tra lo stupore generale, da tutti i suoi incarichi universitari e si iscrive alla facoltà di Medicina. Nell’avventura è accompagnato da Hélène, che frequenta un corso per infermiera. Seguono 8 anni di duro lavoro: 6 per la laurea, 1 per la pratica in ospedale, 1 a Parigi per lo studio delle malattie tropicali. Sul finire di questo periodo tiene il suo ultimo giro di concerti: col ricavato riesce a riempire ben 69 casse di medicinali. Il 18 giugno 1912 sposa Hélène e il 21 marzo dell’anno successivo partono assieme per l’Africa, arrivando a Lambaréné nel Gabon il 16 aprile. Casse di medicinali continuavano ad arrivare via fiume: in una di esse, più voluminosa, i suoi amici parigini gli inviano un inaspettato regalo: un pianoforte verticale a pedaliera per tenersi allenato. L’attività è frenetica e la gente lo considera quasi un salvatore.
Nel 1914 iniziano a giungere notizie allarmanti circa la guerra in Europa. Albert ed Hélène, in quanto tedeschi, vengono dapprima posti agli arresti domiciliari e poi portati in Francia come prigionieri di guerra. L’esperienza dei campi d’internamento finisce nel novembre 1918, ma le cattive condizioni di salute di Hélène (che nel gennaio 1919 dà alla luce la figlia Rhena) impediscono ad Albert di far ritorno nel Gabon. Vi riesce nel 1924, trovando una grande desolazione, ma desideroso di ricominciare. Nel giro di pochi giorni dà inizio alla costruzione di un ospedale più grande, sovvenzionato da una sua nuova tournée in Europa (concerti d’organo e conferenze). 
Per tutta la durata del secondo conflitto mondiale, resta a Lambaréné per far ritorno in Europa solo a guerra finita con le città ridotte a cumuli di macerie. Riprende a suonare Bach e a parlare dei suoi malati e del “rispetto per la vita”. E’ proprio in questi anni che il mondo scopre Schweitzer, rimanendo incantato da quel vecchio che durante gli anni del conflitto aveva pensato a guarire i malati di una sconosciuta regione del mondo e che ora portava a tutti il suo grande messaggio di speranza. Albert Einstein lo definisce “il più grande uomo vivente”; nel 1949 la rivista americana Life gli dedica la prima copertina dell’anno; nel 1951 viene premiato a Francoforte e nel 1952 viene insignito del Premio Nobel per la Pace.
Nel 1957, Radio Oslo diffonde in varie lingue un appello di Schweitzer a bandire le armi nucleari. Lo stesso anno, muore Hélène. Nel 1965, il “grande vecchio” compie 90 anni e da ogni parte del mondo arrivano visitatori a rendergli omaggio. Si spegne a Gunsbach il 4 settembre dello stesso anno.

 

L’uomo e lo spirito del tempo: il “rispetto per la vita”

"La mia vita e il mio pensiero"

La Fondazione Schweitzer

 

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