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Lo sceneggiato tv di Michele Soavi con Raoul Bova

L'ultimo Francesco

 

di Arnaldo Casali

 

Qualche settimana fa su "Panorama" Giuliano Ferrara scriveva, a proposito del Pinocchio di Benigni: "Ci piacerebbe stroncare questo film prima ancora di vederlo, come abbiamo fatto per 'La vita è bella', ma la vita è bella proprio perché è varia, quindi preferiamo non ripeterci e aspettare di vedere il film, sperando che Benigni abbia reso Pinocchio quello che è, cioè l'italiano medio, e non ne abbia fatto una fiaba da MicroMega".

L'ultimo "Francesco", lo sceneggiato di Canale 5 andato in onda domenica 6 e lunedì 7, proprio come il "Pinocchio" di Benigni è stato girato nei dintorni di Terni quasi un anno fa. Ed esattamente come Ferrara per Benigni  anche da parte nostra il giudizio poteva essere influenzato da molti pregiudizi. Ora, dopo aver visto le due puntate della fiction - purtroppo  - dobbiamo riconoscere che il film è anche peggio di quanto era lecito aspettarsi: Soavi non ha colto nemmeno una delle  opportunità che aveva di dire qualcosa di nuovo di Francesco: pur avendo a disposizione quasi quattro ore è  riuscito a non aggiungere niente a quello che era stato già raccontato sul Giullare di Dio mettendo insieme un film che  sembra fatto senza aver letto nemmeno un libro sul patrono d'Italia (senza parlare poi delle Fonti!) ma semplicemente inventando e scopiazzando i film più famosi..

Un terzo della fiction, infatti, è palesemente plagiata da "Fratello sole sorella luna", un altro terzo da "Francesco" della Cavani e l'ultimo terzo è totalmente inventata senza nessun appoggio né ispirazione dalla vita o dal carattere di Francesco. Stereotipi e "riletture" alternative si susseguono nel corso delle due puntate senza un briciolo di rispetto non solo per la storia, ma nemmeno per la vastissima letteratura francescana da cui gli autori avrebbero potuto trarre ispirazione.

LE PREMESSE

Va detto in tutta onestà che le premesse non erano delle migliori: innanzitutto l'identità stessa del film come fiction televisiva. Se fino agli anni '70-'80, infatti, gli sceneggiati tv differivano dal cinema solo per la lunghezza, ma non per qualità, e come  - e più del cinema - avevano una finalità culturale se non addirittura didattica (pensiamo a capolavori come "I promessi sposi", "Marco Polo", "Cristoforo Colombo", "Giuseppe Verdi", "Pinocchio", "Gesù di Nazareth" fino a "Cuore"), con l'avvento delle tv private e, soprattutto, di quel oscuro fato-demiurgo che si chiama Auditel, l'unico obiettivo dei programmi televisivi è diventato tenere la gente incollata davanti al televisore, e persino le sceneggiature hanno cominciato a subire la supervisione degli sponsor, che comprano in anticipo gli spazi pubblicitari all'interno della fiction. Non più registi, sceneggiatori, scrittori sono gli autori delle fiction, ma gli addetti al marketing delle multinazionali.

Paradossi a parte, il risultato di questo modo di fare televisione si vede: basti pensare a risultati vergognosi come l'ultimo Cuore con Giulio Scarpati e Anna Valle, dove il romanzo di De Amicis è stato utilizzato solo come spunto per la solita soap opera alla "Bello delle donne": il punto di vista stesso dell'autore è stato cambiato, dimenticati i bambini, protagonisti del libro, l'attenzione degli autori televisivi si è concentrata tutta sul maestro Perboni, e sulla sua -  immaginaria - storia d'amore con la maestrina dalla penna rossa. Insomma, niente De Amicis, ma solo un "Caro/sei forte maestro" ambientato nell'Ottocento.

Questo non significa, comunque che le fiction siano condannate senz'appello ad essere prodotti mediocri se non degeneri, esempi di film televisivi che hanno saputo coniugare la qualità con la popolarità non mancano, a cominciare dal bellissimo Distretto di Polizia, e - per tornare agli adattamenti di classici - si possono citare "santi" ben riusciti come Giovanni XXIII e Padre Pio. C'era quindi speranza che Francesco facesse il "miracolo" anche se certo non lasciavano ben sperare i nomi di Michele Soavi e Raoul Bova.

Soavi è uno dei principini dello splatter italiano, discepolo di Dario Argento, è stato autore di filmetti horror-demenziali tra i quali spicca "Dellamorte dellamore". Al debutto televisivo della sua fiction ha dichiarato che secondo lui oggi Francesco sarebbe un "punkabbestia". E non c'è bisogno di aggiungere altro.

RAUL BOVA

Al di là delle sue dichiarazioni, secondo cui "interpretare questo ruolo mi ha cambiato la vita. Ho voluto provare cosa significhino il freddo e il digiuno", la scelta di un fotomodello, dell'attore più bello d'Italia, immortalato in migliaia di calendari che fanno bella mostra di sé nelle camerette delle adolescenti italiane, di colui che rappresenta quindi un po' il profeta dell'estetica e dell'effimero, per interpretare l'uomo che ha rovesciato più di ogni altri i valori comuni, per l'uomo che chiamava il suo corpo "frate Asino", indubbiamente non è una scelta delle più felici.

Non si tratta tanto del fatto che Francesco fosse piccolo, magrolino e brutto e che quindi non possa renderlo in modo credibile un fustone belloccio come Bova; anche la Cavani aveva scelto un attore che su un piano estetico rappresentava l'anti-Francesco: Mickey Rourke. E non solo su un piano estetico: Rourke, portato al successo da "Nove settimane e 1/2" era allora il divo maledetto per eccellenza, erotico e violento (è nota la sua passione per il pugilato). Ma quella della Cavani era evidentemente una provocazione, non a caso per il suo primo film su Francesco aveva scelto un altro attore "maledetto" (anche se forse fisicamente più somigliante al modello), Lou Castel, protagonista di Pugni in tasca di Marco Bellocchio, manifesto della generazione ribelle degli anni '60.

E' evidente, invece, che la scelta di Bova non ha nessuna valenza artistica o politica, ma semplicemente commerciale. Bova è l'attore più popolare del momento, solo lui poteva incarnare un eroe televisivo come questo Francesco d'Assisi.

Fatte queste premesse non c'è molto da aggiungere sulla recitazione di Bova:: è la tipica recitazione di chi, dopo essere diventato un attore famoso grazie alla sua bellezza, si è messo a studiare recitazione. Una recitazione alla Claudia Koll, tanto per intenderci. Un performance discreta, ma accademica, senza personalità e senza spessore. In breve: da soap opera, da mestierante.

LA REGIA, L'AMORE CON CHIARA, LA STORIA

Soavi pensa di poter compensare la mancanza di idee con una serie di ralenty. E' la moda.  Tre anni fa, ai tempi di "Jesus" andavano di moda le scene accellerate per caricare di pathos le scene, e tutti i registi giovani e "fighetti" si divertivano ad aumentare la velocità di scorrimento della pellicola per essere 'originali'. Oggi Soavi, per essere ancora più originale, fa l'opposto.

Per il resto, il regista cerca di mettere a frutto la sua lunga esperienza nel campo dell'horror dando ampio spazio alle scene più trucolente, come quelle della guerra e della prigionia, infischiandosene se tradisce così la storia: ci mostra sanguinose scene di battaglia e un Francesco maltrattato e addirittura torturato in prigione, mentre in realtà le cose stavano in modo molto diverso: in quel periodo (e in quelle regioni) si combatteva per fare prigionieri e non per uccidere, e i prigionieri - specie se ricchi - si trattavano bene, visto che l'obiettivo era proprio quello di ottenere un buon riscatto.

Come non citare poi l'insistenza con cui ci mostra Francesco e Chiara che fanno i "micioni" strofinandosi su un prato fronte a fronte? 
In realtà l'amicizia - o addirittura la pseudo storia d'amore - tra Francesco e Chiara prima della conversione di lui non solo non è testimoniata da nessuna fonte, ma è anche fortemente improbabile, visto che Chiara aveva undici anni meno di Francesco, e ai tempi in cui Soavi ce li mostra "piccioncini" lei aveva in realtà più o meno dieci anni.

COPIARE E INVENTARE

Come detto all'inizio, la gran parte della sceneggiatura scopiazza o si "ispira liberamente" ai film di Zeffirelli e della Cavani. Alcune scene sono palesemente plagiate, come quella della 'pazzia' di Francesco che, durante la lunga malattia, all'improvviso sale in vestaglia sul campanile e si mette a suonare la campana fino ad abbatterla. Una scena che, cambia soggetto ma ricalca palesemente quella di "Fratello sole sorella luna" in cui Francesco - sempre durante la malattia - si alza da letto e si arrampica sul tetto della casa per inseguire un uccellino.

Alla Cavani, invece, Soavi ruba soprattutto l'idea del Vangelo scritto in italiano. L'episodio, infatti, non ha nessun appoggio storico. Non ci sono fonti che testimoniano di rapporti diretti tra Francesco e gli eretici, ma Liliana Cavani, nel suo secondo film su Francesco (del 1988) ipotizzava che durante la prigionia il futuro santo si fosse trovato in mano un Vangelo tradotto da un eretico.

Soavi riprende questo spunto (che in sé poteva essere interessante) e lo approfondisce fino a farne la ragione stessa della conversione di Francesco: il regista cerca di suggerirci che il prigioniero eretico con cui Francesco condivide la prigionia sia addirittura lo stesso  Valdo; utilizza questo episodio per fini anticlericali (Valdo è buono, la Chiesa è cattiva), ma soprattutto ci mostra un Francesco che conosce il Vangelo grazie a questo incontro; ipotesi, questa, totalmente anti-storica visto che - al di là dei possibili e probabili contatti con eretici - Francesco era un giovane di media cultura che sapeva leggere il latino e sicuramente conosceva bene il Vangelo senza bisogno di eretici che glie lo traducessero o glie lo spiegassero.

Riguardo invece all'incontro con il Papa, nel dubbio se copiare Zeffirelli o Cavani, Soavi ha copiato tutti e due. La scena inizia come nel film della Cavani (con il Papa diffidente nei confronti di Francesco) e finisce come in quello di Zeffirelli (con il Papa che si inchina addirittura ai piedi del Santo).

Dopo quest'episodio, con cui si chiude "Fratello sole sorella luna", Soavi ha meno scelta e quindi per il resto del film si limita a "normalizzare" il film della Cavani rendendolo meno polemico nei confronti dell'Ordine Francescano (mostra Francesco che si dimette da capo dell'Ordine senza spiegare cosa sta facendo e confondendo invece l'episodio con la redazione della Regola) arrivando fino al funerale di Francesco e al "saluto" di Chiara al corpo del santo a San Damiano (la Cavani chiudeva invece con le stimmate).

Nella parte iniziale della fiction, invece, quella sulla giovinezza di Francesco, Soavi sbizzarrisce la propria fantasia. Non si ispira né ai film precedenti né alle Fonti, né alle decine di riletture che sono state date dal mondo del teatro, della musica o della letteratura e si inventa un Francesco politico, rivoluzionario, capopopolo, che incita i suoi concittadini alla ribellione contro la nobiltà: lui, che come aspirazione aveva proprio quella di diventare nobile!

LE OCCASIONI MANCATE

La più grande abilità di Michele Soavi nel girare "Francesco" è stata indubbiamente nel riuscire a mancare tutte le occasioni che aveva di dare al suo film una ragion d'essere. Non solo perché ha rinunciato a tanti episodi inediti (al cinema) della vita del santo che la lunghezza del film gli metteva a disposizione, ma è riuscito persino a mancare anche occasioni che egli stesso sembrava aver cercato, a cominciare dallo stesso viaggio dal Papa. 
Sia la Cavani che Zeffirelli avevano mostrato una sola udienza, ma una leggenda vuole invece che il Papa, di fronte a Francesco, abbia esclamato: "Tu non sei degno di dare di fronte al Papa, il tuo posto è in mezzo ai maiali". Così, uscito dal Laterano, Francesco si sarebbe tuffato in una vasca di porci per tornare poi, tutto sporco, dal Papa, che vinto dalla grande umiltà del Santo avrebbe approvato il nascente ordine francescano.

Altre fonti collocano in questo contesto la famosa predica agli uccelli. Come sottolineato recentemente anche Jacques Le Goff per sfatare l'immagine del santino sdolcinato che parla con gli uccellini, Francesco si rivolge -  polemicamente - agli uccelli perché gli uomini (cioè il Papa) non lo vogliono ascoltare.

Un altra leggenda - ripresa anche da Giotto negli affreschi della Basilica di San Francesco - vuole che il Papa, il giorno prima di incontrare Francesco, avesse sognato questo piccolo uomo che sorreggeva il Laterano, salvandolo dal crollo. Interpretando questo sogno metaforicamente, il Papa avrebbe capito il ruolo fondamentale che il Poverello avrebbe avuto nella storia della Chiesa.

Soavi frulla insieme tutti questi episodi privandoli, di fatto, di significato. Nel film, infatti, il Papa (inspiegabilmente) se ne va mentre Francesco gli spiega il suo proposito lasciandolo a parlare da solo. Francesco allora se ne va, NON predica agli uccelli (episodio riportato invece in un altro contesto e in maniera atroce, con il frate arrampicato su un albero  a pregare, gli uccelli che accorrono ovunque per ascoltarlo e i frati, sotto, che gridano al miracolo) e cade - accidentalmente - nella vesca dei maiali; poi torna dal Papa che lo accoglie a braccia aperte perché nel frattempo ha avuto il famoso sogno.

LA BATTUTA NON CAPITA

Per chiudere, un esempio di come chi ha scritto (o chi ha montato) il film non ha nemmeno capito le battute del film.

C'è un altro aneddoto, infatti, molto buffo, che riguarda la prima missione dei francescani in Germania.

I fraticelli arrivarono in terra tedesca sapendo dire solo "JA" e furono scambiati per eretici. Il film dice solo questo, non spiega (chissà perché) la ragione e cioè che i fraticelli sapendo dire solo quella parola a qualsiasi domanda rispondevano "Ja"; così quando gli chiesero se erano eretici loro risposero "Ja!".