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Il “Satyricon” da Petronio a Luttazzi

 

  di Francesco Patrizi

Il Satyricon di Petronio Arbitro è una satira menippea (romanzo misto di prosa e versi) scritta nel I secolo dove si racconta, attraverso la vicenda di due giovani scapestrati omosessuali, la decadenza della Roma Imperiale, città di postriboli, di ruffiani, di poeti cialtroni che si vendono per un piatto di minestra, di ricchi gretti e volgari e di corruzione. Un personaggio, Trimalcione, è considerato il simbolo di quel mondo: è un ricco volgare che allestisce un banchetto dove accorrono tutti, politici, poeti, musicisti, nobili. Trimalcione è il potere che si mette in mostra con opulenza e arroganza: recita i suoi terribili versi e i poeti presenti alla cena applaudono al capolavoro, parla di politica e tutti annuiscono… eppure si lamenta anche lui della decadenza dei tempi. Lo spirito del  Satyricon è tutto in questo celebre banchetto.

Si intuisce perché Daniele Luttazzi abbia intitolato il suo show televisivo come il celebre romanzo satirico. Luttazzi racconta, attraverso battute fulminanti e interviste al vetriolo, un paese dove tutti banchettano allo stesso tavolo, dove i padroni-Trimalcione hanno sempre ragione e nessuno li contraddice.

Petronio faceva satira mostrando l’assenza totale di morale in un Impero senza più bussola. Il Satyricon di Luttazzi, dietro il disfattismo di superficie e il nichilismo apparente, cerca un buonsenso che sembra scomparso, cerca la morale che il paese ha perduto.

Perché la satira, almeno quando è fatta con criterio e intelligenza, nasce sempre da un senso alto della morale. Il criticare senza remore con il sorriso sulle labbra non è cinismo, è invettiva civile. Bergson, nel suo saggio sul riso, ricordava  e ribadiva una volta per tutte che il riso nasce sempre laddove si vogliono castigare i cattivi costumi, il genere comico è restaurazione dell’ordine e della stabilità, punizione di chi esce fuori dalla norma e di chi non sta al passo con i tempi; il riso stigmatizza e ridicolizza chi sta fuori dal giro, crea modelli negativi, da non seguire, perché in controluce, propone modelli positivi. Si ride di qualcuno per non essere come lui. La satira, che al comico unisce una dimensione politica e sociale più spiccata,  parte da una precisa e definita scala di valori e attacca chi li tradisce, chi li contesta; per cui è sempre “di parte”, è espressione di un gruppo che si riconosce in un codice di valori, in una formazione culturale, insomma, in una (piccola o grande) comunità..