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Intervista al due volte premio Oscar

Tom Hanks

tenero padre o gangster malvagio?

 

  di Maria & Elisa Marotta e Antonio De Falco

foto di Enrico Marotta

 

Tom Hanks, con  Road to Perdition  è al suo settimo film con incassi superiori ai 100 ml di dollari e guida la power list del 2002 di Entertainment weekly che stabilisce le personalità più influenti a Hollywood. Così Tom Hanks, quel simpatico, semplice, allegro ragazzone, in cui tanti si identificano perché è proprio quello che incontriamo sulle scale,  è l'artista più potente a Hollywood!

Lo conosciamo da sempre, da quando alle prime armi girava sperduto in mezzo alla folla dell’Excelsior, implorando con gli occhi che qualcuno lo intervistasse.

Così l’abbiamo visto in Big, piacevole commedia con uno spunto surreale che riesce a incantare grandi e piccoli, nel bellissimo Philadelphia di Jonathan Demme, con cui conquista poi un meritato Oscar, dando prova di quanto sia bravo a far partecipare lo spettatore all'emotività dei suoi personaggi. E il successo strepitoso continua con un'altra indimenticabile interpretazione. Forrest Gump, l'idiota più geniale di tutti i tempi. Ruolo grazie al quale conquista il secondo Oscar consecutivo. Ormai Hanks è un attore dalle capacità comiche, drammatiche, farsesche, sentimentali riconosciute. E’ una star di primissima grandezza: interpreta facilmente ruoli semplici  ma di grande presa come quello in Apollo 13 di Ron Howard oppure memorabili come  Salvate il soldato Ryan di Steven Spielberg, magistrale ne Il miglio verde di Frank Darabont, eccellente in  Cast Away, di Robert Zemeckis, strepitoso in Road to perdition di Sam Mendes.

Con Hanks il cinema non ha trovato solo un grandissimo attore e una star, ma un volto in grado di incarnare i sogni. Un volto pulito. Un volto amato da tutti, anche quando sembra che voglia fare il gangster cattivo, come in Road to Perdition(sugli schermi italiani col titolo: Era mio padre).

 

Tom, come mai ha accettato un ruolo di cattivo?

“Per pubblicizzare il mio film gli uomini del marketing hanno pensato che fosse più efficace propormi come un malvagio. Invece: il mio O’ Sullivan è onesto e leale, ha molte qualità, e io al cinema avevo già ucciso parecchie volte. Basti ricordarsi di Salvate il soldato Ryan. e del Il miglio verde”.

Come definirebbe, allora, questo gangster?

O’ Sullivan si rende conto di fare una doppia vita, ma cerca di fare del suo meglio per il figlio: io non lo definirei un cattivo nel senso tradizionale. Quando O’ Sullivan vuole vendicarsi, lo fa per proteggere la famiglia. In fondo il momento chiave del film è quando, da padre, si accorge di essersi perso molto dei propri figli, quasi di non conoscerli, di aver costruito un castello di carta che gli crolla rovinosamente addosso.. È una cosa che succede a molti e io, se non fossi padre, non avrei potuto girare questo film. Certo, io non sono un gangster. Ma mi è capitato di sentire i miei figli cantare una canzone di Eminem:  ho chiesto loro: “ma dove l'avete sentita? È sconcertante quante cose i figli apprendono senza che noi lo sappiamo».

Vuol dire che Road to perdition, è più un film sul rapporto padre-figli?

proprio così. Per  me  questo è  il vero tema del film come anche la giustizia e  la possibilità di redimersi. Non importa in quali epoche rappresenti questi problemi :il sesso, il denaro, il potere, la famiglia sono problemi dai tempi degli antichi romani e forse anche prima. La vera questione è come i singoli si rapportano a queste cose, che tipo di reazioni hanno, come riescono a superare le aree grigie del loro comportamento. Non sono gli eventi ad essere importanti. Il ritratto di  O’Sullivan è uno dei possibili modi di essere in queste circostanze.

Secondo lei, potrebbe esservi  un certo equilibrio  tra l'essere un buon padre e un buon gangster?

"L'importante è creare un legame tra le due cose che solo in apparenza possono essere in contrasto. Esiste una certa logica nel ritrovare una forma di motivazione. Per me il personaggio ha una forte dose di chiarezza interiore che gli consente di essere anche un buon marito, un buon fratellastro e un figlio adottato".

Sarebbe stato ugualmente convincente, se non fosse  stato un padre anche fuori dallo schermo?

"Potrei dire di sì, che non mi sarebbe stato difficile, però non avrei avuto nulla da offrire al mio personaggio. Quindi la mia risposta è no. Se sei un padre spesso vai a letto domandoti: "Cosa ho fatto di bello oggi per rovinare la vita di mio figlio? Quali cicatrici indelebili ho inferto loro per colpa dei miei errori?" Un padre, però, vive anche una connessione fortissima e carica di gioia con i propri figli e questo è meraviglioso. Non provando queste cose non si può diventare padre sullo schermo, anche se tutti noi viviamo i nostri rapporti misteriosi con i nostri genitori. Alle volte si è vecchi amici, altre quasi degli estranei".

Che tipo di padre è lei?

"Spero di essere un padre migliore del figlio che sono stato. Mi sforzo di parlare di tutto con i figli, anche dell'11 settembre e del crollo delle torri che abbiamo visto la tv insieme l'anno scorso. Credo che nessun genitore abbia una ricetta in questi casi e penso che la cosa più interessante e più giusta sia chiedere a loro: tu cosa ne pensi? Essere genitori è una gioia e una responsabilità: i genitori sono qualcosa di strano, a volte li senti amici, a volte degli estranei. La sola cosa che puoi augurarti per i tuoi figli è che abbiano una passione vera per qualcosa".

Nel film vi è anche Paul Newman: Che forma di rapporto ha avuto con lui?

"Paul Newman è un attore che, nonostante la sua incredibile carriera, è venuto sul set senza aver alcun senso di superiorità. Ho per lui una grandissima stima e lo considero un grande maestro".

Lei ha prodotto Il mio grasso matrimonio greco con grande successo. Ciò la soddisfa più che come attore?

"Sono due cose diverse. Questo film è' la prova che il pubblico è sempre in cerca di storie accattivanti e divertenti: di buoni film che possono anche costare poco. Quando ho letto la sceneggiatura ho subito capito che si trattava di qualcosa di unico che sarebbe potuto interessare ad un pubblico molto vasto a prescindere dal ritratto che viene fatto delle tradizioni greche. Si trattava di una storia universale decisamente riuscita. Inoltre credo che sia la dimostrazione che, spesso, non importa quanta pubblicità fai ad un film. Se è riuscito la gente andrà a vederlo, altrimenti andrà altrove".

 

La scheda

Era mio padre - Road to perdition