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Il conflitto "storico" tra Alberto Sordi e Nanni Moretti 

 

Ce lo siamo meritato


  di Arnaldo Casali

Nel 2001, quando Nanni Moretti vinse il David di Donatello con La stanza del figlio a consegnargli il premio c'era, tra gli altri, il suo "nemico" storico: Alberto Sordi.

Contro l'Albertone nazionale Moretti aveva inveito ferocemente nel suo primo film, Ecce Bombo del 1978, dove aveva inserito una scena in cui il protagonista, sentendo in un bar un uomo dire: "Tanto sono tutti uguali.. rossi neri...", lo aggredisce urlando: "Rossi neri tutti uguali? Ma che siamo in un film di Alberto Sordi? Ma che siamo in n film di Alberto Sordi?". Poi, cacciato da quello stesso bar se ne va gridando "Ve meritate Alberto Sordi! Ve lo meritate!".

Con quella frase il più importante attore del nostro paese veniva consacrato definitivamente come l'emblema del qualunquismo nazional-popolare. Qualunquismo  d'altra parte, che Alberto Sordi ha sempre ostentato con orgoglio. Ribadì sempre di essersi tenuto lontano dalla politica, di considerare sé stesso un conformista e inevitabili i compressi, di essere stato amico di politici tanto di destra che di sinistra, di non aver mai dichiarato pubblicamente le sue preferenze elettorali, anche se Giulio Andreotti, proprio poche sere fa, ha detto che Sordi gli confessò di essere un suo elettore.

E la cosa non stupisce. Per il cinema Sordi è stato, nel bene e nel male, quello che Andreotti è stato per la politica, o Mike Bongiorno per la televisione: un gigante, un pezzo di storia italiana, un monumento vivente, un padre della patria. Una patria simpatica, artistica e solare, a volte eroica, ma profondamente qualunquista, appunto.  Un ventennio di "non si parla di politica" e di "penso a tutto io" non si cancellano facilmente.

Vent'anni di fascismo e quaranta di Democrazia Cristiana  hanno creato in Italia un divario enorme tra politica e cittadini. L'Italia è diventata il paese degli artisti e dei mascalzoni, dei siparietti televisivi e dello stadio.

Se Berlusconi è diventato Presidente del Consiglio è proprio perché ha rappresentato  - per gli italiani -  un' ottima alternativa all'uso del cervello.

Con il crollo della Prima Repubblica e l'arrivo del bipolarismo i cittadini sarebbero stati costretti a scegliere, a prendere posizione nei confronti della politica, dopo sessant'anni in cui non si erano dovuti preoccupare di chi li governasse, perché prima c'era nonno Benito, poi mamma DC.

"Ghe pensi mi" è la frase che più di tutti riassume il pensiero politico del Cavaliere. "Voi non dovete preoccuparvi di niente, penso a tutto io. Voi cercate invece di pensare il meno possibile".

Alberto Sordi è uno dei padri di quest'Italia, e anche se quest'Italia non ci piace, non gi si può non voler bene come si vuole bene al proprio padre, o al proprio nonno che ci ripete "era meglio quando era peggio".

L'opera di Sordi - tutta, ma soprattutto quella come autore e regista - sembra davvero voler erigere un monumento al qualunquismo italiano. Il suo cinema para-neorealista affronta l'attualità, ed è  - di fondo - persino un cinema di denuncia: denuncia la corruzione, la malasanità, i mercanti d'armi, il sistema giudiziario, le truffe dei falsi maghi, i perbenisti ipocriti.

Il punto, però, è che poi, tutto finisce a tarallucci e vino: il "cattivo" è sempre il protagonista, che - alla fine - la fa sempre franca, o viene persino premiato. Si potrebbe dire che è Sordi era contro il moralismo; da dove l'accusa di qualunquismo, allora? L'accusa viene dal fatto che avendo sempre rivestito appunto il ruolo del "mascalzone", di personaggio cinico e arrivista, superbo e donnaiolo, Sordi ha sempre regalato a questo personaggio un'enorme carica di simpatia e di carisma, rendendolo quindi un personaggio, in definitiva, in cui gli italiani amavano immedesimarsi, e forse persino ambivano ad immedesimarsi.

Per cinquant'anni Alberto Sordi ha celebrato l'arte di arrangiarsi, tessuto l'elogio  del "mascalzone simpatico" il cui modello politico fu incarnato così bene da Giulio Andreotti.

Eppure non è stato certo questo a fargli guadagnare il disprezzo di Nanni Moretti. Anzi, politicamente lo stesso Moretti fu accusato - e proprio in quel periodo - di qualunquismo. Allora come oggi Moretti era lontano dal modello di regista impegnato politicamente, i suoi film erano tutt'altro che pellicole di denuncia; semmai potevano appartenere ad un filone "generazionale". E non è un caso se Lotta continua paragonò proprio Ecce Bombo ai Vitelloni, il primo grande successo di Alberto Sordi, aggiungendo che se Fellini, con i vitelloni, voleva denunciare la gioventù benestante e disimpegnata degli anni '50, il film di Moretti rappresentava invece un autocompiacimento degli eredi di Sordi.

Insomma la politica c'entra fino ad un certo punto con contrasto Moretti-Sordi. E' invece probabile che anche il comunista, l'operaio medio  o l'ex partigiano amasse molto di più i ritratti storici e "veristi" del "moderato" Sordi che il filmetti snob dell'intellettuale Moretti, che pure ha fatto della sua appartenenza politica addirittura uno dei temi portanti della sua opera.

Ad ogni modo, ventiquattro anni dopo quella battuta di Ecce bombo nessuno riusciva a nascondere l'imbarazzo sul palco dei David: Moretti e Sordi non si guardarono nemmeno. Piero Chiambretti tentò di esorcizzare il disagio esclamando: "Ce lo siamo meritato Nanni Moretti!".