Adesso Online

 

Intervista a MARCO BELLOCCHIO 

  L'ora di religione

 

di Arnaldo Casali

 

Il suo film è sospeso tra il grottesco surreale e una denuncia nei confronti della Chiesa. Una commistione ambigua. Cos’è che voleva fare esattamente?

“Il film è la denuncia dell’Istituzione, che qui si configura come la Chiesa, che manda avanti un processo di beatificazione (in questo caso della madre del protagonista) in  tempi in cui le santificazioni si succedono con un ritmo molto frequente”.

In realtà una beatificazione come quella raccontata nel film è totalmente inverosimile. La Chiesa non farebbe mai santa una donna uccisa dal figlio – pazzo – perché gli diceva di non bestemmiare.

“Sì, anche se la politica della Chiesa è quella della moltiplicare i santi e facilitare i processi di canonizzazione. Il film, che non ha un registro realistico, parte da una ipotesi fortemente irrealistica, che però svela quello che è l’immagine del protagonista. In qualche modo lo stupisce, lo meraviglia. Il personaggio pensava di essersi separato in modo definitivo dal suo passato, invece si ritrova questo fatto nuovo che rimette in discussione tutta la sua vita”.

Ma lei voleva raccontare un incubo o fare un film di denuncia?

“Il film sconfina spesso in territori non realisti, ma non si tratta di un sogno. Lui spesso si addormenta, è come se si trovasse in quel territorio che non è  né sonno né veglia e in cui si dice che emergano particolari immagini. Ma il film può essere letto anche in modo realista, tutto quello che accade è verosimile, anche se lo stile non è realistico”.

Viviamo nell’epoca delle multinazionali e delle grandi potenze economiche. Lei invece racconta un mondo in cui il potere è ancora nelle mani del clero e della nobiltà, e non solo lo ambienta ai nostri giorni, ma ci inserisce dei riferimenti all’attualità come quello al Giubileo del 2000. Perché?

“Lei si riferisce ad una scena, quella del duello con il conte…”.

No, mi riferisco a tutta la storia. L’idea stessa che avere una santa porti potere alla famiglia è totalmente anacronistica. Oggi gli interessi di potere legati alle canonizzazioni possono essere delle congregazioni, dei movimenti, non certo delle casate aristocratiche!

“Una scena importantissima e cruciale, che sintetizza alcuni aspetti importanti del problema è la scena in cui lui va alla Caritas e incontra il cardinale. Lì c’è proprio la rappresentazione di una Chiesa impegnata ad alleviare le sofferenze, a soccorrere i deboli, che però è anche la stessa Chiesa che ha bisogno del miracolo della sua conversione e in qualche modo promuove l’immagine di una madre martire che serve alla Chiesa per perpetuarsi, come se la Chiesa avesse bisogno di questi sacrifici per autoaffermarsi, tutto questo all’interno di un contesto ammirevole, che è quello dell’aiuto dei poveri”.

A me è sembrato piuttosto che in quella scena della Caritas ci sia piuttosto l’ostentazione ipocrita dell’aiuto ai poveri, la strumentalizzazione della sofferenza da parte della Chiesa.

“Sì, certo, il cardinale che dice di voler parlare del processo di canonizzazione davanti ai poveri è ipocrita, ma vuole affermare che non ha nulla da nascondere…”

 Lei ha detto di credere che esistano cattolici autenticamente credenti, perché allora tutti i cattolici rappresentati nel film sono degli ipocriti e degli opportunisti?

“La mia è un’opera d’arte, non una statistica sul mondo cattolico”.

Il film ha una visione totalmente atea e anticlericale. Eppure è stato apprezzato da molti cattolici, come mai secondo lei?

“Perché il discorso sulla gerarchia ecclesiastica non è il tema principale, che è invece la coerenza del protagonista, il rifiuto dell’ipocrisia, il rapporto così importante con il figlio, l’immagine femminile e il discorso così universale della capacità o della incapacità di separarsi dal proprio passato”.

Il passo che ha fatto più scalpore è stato quello della bestemmia. A me è sembrato un po’ preparato , come se dovesse essere il climax del film, creato ad arte per fare scandalo. Tanto che all’inizio del film il personaggio in questione grida “porca… porco…” senza finire, mentre la celebre bestemmia viene anticipata e seguita da musiche e ralenty e isolata dal contesto dell’intreccio. D’altra parte la bestemmia sta alla base di tutta la vicenda.

“Un’osservazione non calcolata. Quando fu registrato lo scontro tra la madre e il figlio io non prevedevo la necessità di pronunciare la bestemmia. Poi quando abbiamo girato il film si è posto – durante la ripresa – il problema di rappresentare o meno la bestemmia, e alla fine ha prevalso, seppure con molte incertezze , la volontà di farlo. Tra l’una e l’altra scena è intercorso molto tempo. Per cui non c’è stata la volontà di preparare questa cosa. C’era semplicemente molta incertezza. Alla fine, per coerenza, abbiamo scelto di inserirla”.